Nord e Sud - anno III - n. 17 - aprile 1956

alla lotta per la riforma democratica degli atenei, alla quale sono invece candidati gli universitari e gli assistenti. Le ammissioni del Rettore di Bologna vengono a confermare le perplessità di chi osserva oggi, nelle università italiane, da un lato il movimento studentesco e dall'altro la classe professorale ed accademica, e si accorge dello scompenso tra la maturità cui è giunta la democrazia universitaria e . la. povertà di sensibilità e di volontà politica di una parte troppo ampia di docenti. Mentre i dis.centi hanno trovato a fatica la qualità specificamente «universitaria» del loro impegno politico, hanno respinto il sindacalismo come funzione dei loro organismi rappresentativi, negando cosi una fasulla contrapposizione di interessi tra studenti ed autorità accademiche, e al tempo stesso hanno evitato che la democrazia .universitaria si riducesse a zona di influenza dei partiti politici e delle solidarietà conformistiche alle ideologie e risultasse mortificata dall'attivismo improduttivo, la classe accademica ha ignorato nei casi migliori, e spesso osteggiato queste nuove sensibilità dei giovani, respingendole come turbatrici dell' << ordine scolastico , , cioè di una disciplina tanto severa a parole quanto formalisti-ca in sostanza. Si può dire che i giovani universitari si siano venuti maturando non sempre contro, ma certame'nte quasi sempre al di fuori di ogni rapporto con i docenti. Fin dall'inizio delle loro esperienze democratiche gli universitari si sono rivolti a maestri diversi dai loro professori, hanno appreso più dai libri di parte che dalle dispense, hanno seguito le cronache culturali e politiche con interesse ben maggiore di quello mostrato per le lezioni e per i seminari; e i_ntutto il processo di affinamento delle loro sensibilità, in quella lenta scoperta della dignità della politica, della autonomia della politica universitaria dal partitismo come vizio morale e civile, hanno avuto come punti di riferimento etico-politici pensatori ed autori impegnati direttamente nei partiti e nei movimenti,. intellettuali militanti e uomini di studio che avevano saputo unire all'esercizio della scienza e della ricerca un coraggioso contributo di opere e di azione all'antifascismo e alla resistenza. In verità, se scorriamo la storia dei primi anni del dopoguerra, ci accorgia1no che tra il '45 e il '47 tra docenti e discenti si stabilisce un particolare rapporto di collaborazione, di fiducia e di impegno politico comune; è il tempo dei Rettori della Liberazione, di Calamandrei, di Einaudi, di Omodeo, di Marchesi; la riacquistata autonomia delle Università avvicina la classe accademica e gli universitari nella soddisfazione comune per la conquista; il ricordo recente della lotta per la Liberazione sostenuta insieme cimenta le volontà. Le università sono affollate di reduci e di fuori-corso per motivi di guerra, le mutilazioni belliche sono gravi ed evidenti, ma l'ansia del ricostruire è di stimolo e di indicazione ad un impegno unitario. Si avverte la riforma imminente, una fiducia quasi rousseauiana ispira le relazioni dei [38] Bibloteca Gino Bianco

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