Nord e Sud - anno III - n. 17 - aprile 1956

è:ònseguehze delia esclusivit~ da prendere qui in consider~zione sono piuttosto quelle che si riferiscono alla vitalità intellettuale del pubblicista reclutato fin dalla giovane età per la stampa quotidiana: questa vitalità subi-- rebbe un fiero colpo ove la esclusività si estendesse ~ quelle pubblicazioni non quotidiane in cui il pubblicista che non vuole inaridirsi in una attività tutta di mestiere potrebbe, di tanto in tanto, dare sfogo alla propria ispirazione e alle proprie riflessioni, con articoli lunghi, senza le preoccupazioni di spazio e di stile che so~o indissolubili d1 alle note e dai servizi per il giornale quotidiano. Ci dicono di alcuni casi in cui si sarebbe cominciato a estendere l'esclusività fino a questo punto. Il rispetto per la cultura che tutto il mondo giornalistico dovrebbe tutelare deve impedire e di accettare e di imporre condizioni di esclusività (specie ai giovani che sono poi quelli più costretti a subirle), tali da ridurre al minimo l'attività degli scrittori di cose politiche e civili. Infine, il terzo problema particolare che deve essere una buona volta posto è quello degli albi. Tali albi si vogliono giustificare con lo specioso argomento della « tutela di categoria>>, ma da essi deriva il risul~ato di far deperire la categoria <<tutelata>>,di impedire cioè la formazione e la promozione di nuovi quadri. <<Non esiste un albo di poeti, non può esistere un ,albo di giornalisti», scriveva Luigi Einaudi. Quando l'albo comporta la « chiusura dell'ordine», e perfino una specie di « tribunale di pari» che deve giudicare dell'idoneità alla professione, quando esso implica un danno per chi non v'è ammesso e un privilegio per gli iscritti, esso è <<null'altro che uno strumento fazioso per impedire agli avversari, agli ,antipatici, ai giovani, agli sconosciuti l'espressione libera del pensiero; null'altro che un mezzo per ripetere, forse inconsapevolmente, l'eterno tentativo di limitare il numero degli iscritti alla professione nell'ingenua persuasione che ciò valga a dar più lavoro agli arrivati>>. Che è poi una persuasione « ingent1ia>>fino a un certo punto, se si pensa che, con la limitazione dell'albo, si riesce a rallentare se non a impedire il ricambio dei quadri redazionali. Le norme corporative connesse all'albo disonorano il giornalismo italiano: ma questo è un punto ~ssai poco sentito, se è vero che vige su esso una congiura del silenzio cui aderiscono destra, centro e sinistra. Rivedere quelle norme è indispensabile: perchè « l'albo dei giornalisti diventerà una cosa tollerabile e potrà anzi diventare una fonte d'onore, quando la iscrizione, aperta a tutti, sia fatta volontaria- [20] Bibloteca Gino Bianco

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