che si può e si deve tessere di qualche esemplare quotid~no di quel tempo, tempo propizio del resto ai progressi di molti altri settori della yita ita• liana. Non si può dire, cioè, che Einaudi tenesse conto di tutto il quadro della stampa quotidiana italian.a quale allora si venne configurando, a Napoli e a Roma non meno che a Milano e Torino. Se è vero ,che a Milan'-> sorge allora l'egemonia di un grande Corrieredella Sera, non è meno vero che a Roma sorge allora l'egemonia di un Giornale d'Italia di cui certo non si può dire che fu grande; e a Napoli, nella Napoli i cui« fogli d'idee» negli anni ot~nta del secolo precedente erano stati firmati anche da Spaventa Bonghi e De Sanctis, il « foglio di notizie » dei nuovi tempi giornalistici portò la firma di Scarfoglio. Ora, se la stampa di Napoli e di . Roma risultò per la gran parte impermeaibile iall'influenza di quella, assai migliore, di Milano e di Torino, possiamo pure valutare, molti anni dopo, quale delle due ha costituito più o meno la tradizione e quale più o meno l'eccezione. Il « foglio di notizie » di cui Einaudi tesseva giustamente l'elogio er~, nella storia d'Italia dal 1871 al 1915, il Corrieredella Sera di Albertini; e anche, naturalmente, in modi diversi, magari politicamente più aperti, La Stampa di Frassati, giolittiana. Si deve pure citare, per la durata della s~a breve vita, in un tempo successivo, Il Mondo di Giovanni Amendola: da collocarsi in una zona intermed~ tra il « foglio d'idee» e quello «di notizie»,' la zona ideale, forse, di una stampa moderna di una democrazia progredita. Altri potrebbe ricordare, e non senza ragioni, certi momenti del Carlino di Missiroli e Il Tempo di Tilgher e di Slalvatorelli; o la nuova stagione de La Stampa con lo stesso Salvatorelli: siamo semp,re nel campo di giornali che vanno acquistando caratteri più seri e moderni, una certa autorità, nuovi lettori e nuovi ,collaboratori; che vanno perdendo, chi più e chi meno, il tono provinciale. È il momento migliore certo per la stampa italiana, negli anni immediatamente precedenti e immediatamente successivi alla guerra, un momento carico di promesse. Fu allora che certi giornali italiani fecero pensare a Gr~msci che essi rappresentassero quasi altrettanti partiti. Tali certo non furono, ma gruppi organici di pressione politica sì, come appunto dovrebbero essere. Ma quando si volge lo sguardo altrove è appunto il tono provinc~le che a11corapredomina. E quando si pensa per esempio al Mattino <:legliScarfoglio e al Giornaled'Jta/,ia di Bergamini, non si può fare a meno, tenuto conto della influenza avu4a da [9] Bibloteca Gino Bianco
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