Nord e Sud - anno III - n. 16 - marzo 1956

una singolare figura di agitatore politico: Nino Wodisca, il quale riusci in breve tempo a convogliare intorno al suo partito il consenso di elementi del~a piccola e media borghesia e di certi ambienti contadini. Ma tutto ebbe breve durata, e già alle elezioni del '46, dei 30.000 calabresi iscritti al Partito di Azione restava, in tutto il collegio e nello stesso Cosentino, ben ·poca cosa. La borghesia cominciava ad affluire verso i partiti di destra. Alcuni gruppi intellettuali del Partito d'Azione cosentino si aggregavano al P. S. I., il quale ereditava dal Partito d'Azione anche qualche salda <<isola» organizzativa: quella, ad esempio, di Cassano Jonio. I risultati del '46 davano al P. S. I. una percentuale provinciale dell'll,l per cento, così ripartita: 1'8,9 % nel capoluogo, il 12,7 % nei centri superiori ai 10.000 abitanti, 1'11,2 % in quelli inferiori. Il P.C.I. totalizzava un 13,9 %, e cioè rispettivamente il 14,4 % a Cosenza, il 18,6 % nei centri mag-- giori e il 12,8 % nei centri inferiori ai 10.000 abitanti. Tipo d'espansi~ne molto simile, quindi, a quella riscontrata nelle altre zone della Calabria, con una maggiore presenza socialista nei centri minori, più vischiosi nelle loro tradizioni politiche, ed una preponderanza comunista nei centri più grandi e nel capoluogo, dove - nel caso in esame - giocava molto il prestigio forense e ministeriale di Gullo. In Sila il P. C. I. era stato rafforzato dalla adesione di Francesco Spezzano: ex socialista, che in quei paesi disponeva di una tradizionale influenza. Negli anni immediatamente successivi, quelli cioè della massima tensio,ne sociale e politica, mentre il P.C.I. riusciva a non essere solo il partito di Gullo e di Spezzano, il P.S.I. incontrava maggiori difficoltà a raggiungere analoghi fini di spersonalizzazione. La stessa scissione, portando fuori del partito gli uomini che, per posizioni ideologiche o per ~otivi personali, erano stati i competitori di Mancini, non aiutava di certo il compiersi di un processo del genere. A Pietro Mancini, divenuto senatore di diritto, succedeva intanto alla Camera il figlio Giacomo, eletto, trentaduenne, nel 1948. Ciò coincideva con l'affievolirsi dell'attività politica del Mancini senior che pure, negli ultimi anni, ministro nei gabinetti C.L.N. e consultore nazionale del suo partito, aveva avuto una posizione preminente in seno alla sua federazione. · Pietro Mancini, nell'ultima legislatura, ebbe modo di fare in Senato interventi di grande rilievo sui problemi particolari di vasto interesse: ad esempio in sede di discussione sulla legge Sila e sulla Cassa per il Mezzogiorno, sentimentalmente favorevole nel primo caso, pregiudizialmente contrario nel secondo. Ma gli anni pesano, e la solida base culturale e la notevole esperienza di vita e di problemi locali del Sen. Mancini non potevano non essere appesantite e quasi neutralizzate dai c~ichés del vecchio massimalismo, alquanto sclerotizzatisi col passare degli anni. E cosi vien fuori una visione un po' troppo schematica o meccanicistica, per un uomo del livello di Pietro Mancini, dell'unità fra i due partiti operai, dei quali l'uno si rifa- [91] Bibloteca Gino Bianco

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