Introduzione No11 è nostra intenzione <<introdurre» questa inchiesta con una sia pur breve storia del socialismo meridionale. Gli episodi salienti di questa storia, da Cafiero ai « fasci » siciliani, da S,alvemini a La Propaganda, dai primi moti e dalle prime rudimentali organizzazioni del « popolo di formiche» alle fortune elettorali degli <<avvocati» socialisti, gli episodi di questa storia, dicevamo, sono noti e non sono molti. B.asterà ricordare soltanto che nel secondo dopoguerra abbiamo ritrovato forti situazioni di estrema sinistra - in parte passate in eredità ai comunisti, in !parte conservate dai socialisti - là dove, a Castellammare o a Cerignola, a Crotone o a Corleone, operai o contadini fin dai tempi prefascisti si erano raccolti sotto le bandiere del socialismo, sia pure manifestando in prevalenza generici orientamenti massimalistici. E sono stati questi, per lo più, i centri da cui, intorno ,al 1946, ha preso le mosse l'espansione dell'estrema sinistra verso le molte ed estese zone dell'Italia meridionale rimaste vergini, fino agli anni di questo d.opoguerra, appunto, di ogni forma di organizzazione, non diciamo di classe, ma semplicemente politica. Che però la storia del socialismo meridionale sia assai meno ricca di quella del socialismo padano; che grandi e forti e diffuse tradizioni socialiste non siano state fondate nell'Italia meridionale dal generico massimalismo, durante gli anni di Giolitti, quando cioè il riformismo padano fondò appunto grandi e forti e diffuse tradizioni socialiste; e che nemmeno il primo dopoguerra abbia acceso quaggiù, fra tanta <<fame di terra » e depressione sociale, un moto socialista p.aragonabile per intensità agitatoria e vìgore politico, a quello, pur non andato esente da vari errori e significative deficienze, che si accese nell'Italia centrale e settentrionale: tutto ciò resta confermato da due constatazioni che non possono sfuggire [6] Bibloteca Gino Bianco
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