sono più lenti di riflessi, non è sfuggito che tutto ciò induce a ritenere effettivamente superata, dal loro punto di vista, la convenienza degli aspetti più appariscenti della politica frontista. Le loro formulazioni politiche restano) ciononostante, ambigue e polivalenti; ma non sono più quelle del 1948 e del 1952, ancl1e se, proprio nel Mezzogiorno, si ritrovano i più accesi peroratori socialisti della formula frontista, cui alcuni parlamentari sono effettivamente legati dalle vicende stesse attraverso cui si è costituita la loro posizione. Così si deve rilevare un ri11novato interesse socialista per il movimento contadino ed i problemi agrari, interesse acceso evidentemente dalla percezione che nuove prospettive di politica organizzativa potrebbero aprirsi per essi fra i contadini meridionali .. Comincia a delinearsi, insomma, una posizione nuova. E sembra. verosimile che per i quadri medi della periferia essa sia piuttosto una indicazione autonomisti.ca generica che un riferimento preciso ad una politica concreta e definita, come quella soste~uta ad esempio da Lombardi al Congresso di Torino (il Piano 'l anoni come ponte per una collaborazione fra P.S.I. e maggioranza); così come comincia a farsi più viva l'esi-- genza di dare un contenuto costruttivo alla politica del gruppo socialista nel parlamento regionale siciliano. Ma nel Mezzogiorno, dove la pressione· della destra è stata più forte ed è ancora abbastanza consistente, dove la stessa D.C. si presenta in modo più torbido, dove il sottogoverno è assai più diffuso e invadente, dove i pubblici poteri vengono assai più spessO' meno alle regole che dovrebbero presiedere alla liberalizzazione della vita pubblica, con infrazioni frequenti e grossolane, dove la stampa di informazione è ispirata da una sorta di ossessione reazionaria, nel Mezzogiorr10, dicevamo, le resistenze di base, il riflesso anticonservatore e anticlericale· dei quadri, il sentimento unitario di classe, sono ostacoli più gravi che altrove alle iniziative autonomistiche. Semplificando potremmo dire che v'è una spinta del centro che perde una parte della sua forza per trasmettersi ai quadri e alla base; che v'è una certa perdita di energia lungo il percorso. E questo senza contare il fattoche vi sono anche dei dirige~ti nazionali che solo in ,apparenza approvano la spinta autonomistica, cui nella sostanza sono avversi: può capitare, infatti, talvolta, di leggere in uno scritto di uno dei maggiori leaders socialisti del Mezzogiorno parole in tutto simili ,a quelle pronunciate da Longo e da Pajetta nel Comitato Centrale comunista dell'agosto 1955. E non biso- [158] Bibloteca Gino Bianco
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