Nord e Sud - anno III - n. 16 - marzo 1956

Di questa tende11za,del resto, i risultati delle elezioni del '53 ci danno chiara conferma. Secondo i dati del censimento del 1951 vive nei centri con più di 10.000 abitanti il 60,04 % degli abitanti del Mezzogiorno continentale_e della Sicilia complessivamente considerati. In questi centri risulta che i socialisti hanno raccolto il 7 giugno del '53 il 63,51% dei loro voti meridionali, laddove nel '46 tale percentuale era minore, e cioè del 53,89%. I comunisti, invece, contro una percentuale del 65,87 % per il '46, ne fanno registrare ora una del 64,6 %. Nel restante del Paese, ove nei centri con più di 10.000 abitanti risiede poco più del 52 % della popolazione, il P.C.I. ha raccolto in questi centri il 59,2% dei suoi voti (contro il 60,J<ì~); e il P.S.I., invece il 54,4% dei propri (contro il 51,2 del '46). Questi dati ci confermano con tutta evidenza la sensibile flessione dei voti socialisti nei centri minori di tutto il Paese, e cioè appunto nella parte più veramente rurale di esso (1 ). È chiaro, infatti, che anche nei centri meridionali (i quali assai spesso pur avendo alcune diecine di migliaia di abitanti non si possono affatto caratterizzare come centri urbani nel moderno significato economico del termine), allorchè tuttavia si superano i 10.000 abitanti, è presente una più variegata scala di categorie sociali e il carattere rurale è sempre relativo. Ciò è valido anche per quelle che si sogliono chiamare << città contadine >> se le si devono confrontare con borgate contadine. Al contrario, invece, nei centri con meno di 10.000 abitanti è già molto più frequente nel Nord, ed è la regola assoluta nel Sud, il trovarsi di fronte a centri esclusivamente rurali. Del resto, e ad ulteriore conferma di quanto andiamo dicendo, si tenga presente che, degli stessi voti raccolti dal P.S.I. nei centri con meno di 10.000 abitanti, la parte proporzionalmente e numericamente maggiore (1) Qualche dubbio potrebbe sorgere per i comunisti, in quanto i dati non sembrano confermare, a tutta prima, i loro progressi nelle campagne meridionali; ma si tratta di dubbi di facile soluzione. Se, infatti, il P.C.I. ha visto qui diminuire la propria percentuale di voti nei centri con più di 10.000 abitanti solo dal 65,87 % al 64,6 % (sicchè il peso della parte più rurale sul complesso dell'elettorato comunista meridionale sembra aumentato solo dell' 1,2 %), ciò è in realtà dovuto al fatto che il Partito ha avuto un ritmo di espansione non inferiore anche nei centri maggiori. Nel restante del Paese, invece, l'aumento della percentuale dei voti conseguiti dal P.C.I. nei centri , con più di 10.000 abitanti sul totale dei voti comunisti è dovuto, assai più che a un cedimento nelle campagne, ai grossi guadagni conseguiti dal Partito nei centri di questo tipo in Italia Centrale e in Sardegna (nella sola Roma dai 98.000 voti del '46 ai 234.000 del '53). [137] Bibloteca Gino Bianco

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