Nord e Sud - anno III - n. 16 - marzo 1956

e qualche cooperativa, coadiuvati dai << fasci» 'degli zolfatari. Già fioriva allora nel Nisseno una forte corrente repubblicana che faceva capo a Napo• leone Colajanni. I più tardi seguaci di quest'ultimo andarono confluendo nel -socialismo durante gli anni del primo dopoguerra: tra essi l'avv. Pantaleone, che, sul finire del secolo, trasferitosi a Napoli, era stato segretario della locale sezione repubblicana e qui aveva assimilato vari motivi propri della sinistra napoletana da Bakunin a Bovio. Nel secondo dopoguerra, naturalmente, la confluenza di braccianti e zolfatari nei partiti di estrema sinistra si è accelerata e la tradizione repubblicana è sopravvissuta sulla difensiva. Pròprio il Nisseno, con le invasioni di terra, e la crisi delle miniere di zolfo, ha costituito il banco di prova dell'estrema sinistra siciliana, al cui sviluppo hanno contribuito anche gruppi di giovani intellettuali del capoluogo, azionisti e socialisti. L'attuale segretario regionale della C. G. I. L., il comunista on. Macaluso, dirigeva allora la Camera di Lavoro di Caltanissetta; ma insieme a lui, nella stessa segreteria, c'era Michele Russo, oggi segretario provinciale e deputato regionale del P. S. I. (eletto a Enna), allora, appena ventenne, esponente del Partito d'Azione. Anche il figlio dell'avv. Pantaleone, Michele, • poteva vantare un'esperienza indirettamente azionista, avendo avuto contatti clandestini con i gruppi della << Giovane Italia>> organizzati da Garosci. Ma, appena liberata la Sicilia, costituì a Caltanissetta il Partito Socialista. Lo ritroviamo nel '47, con alcuni suoi amici, aderenti alle posizioni della corrente di << Iniziativa Socialista». Ma non aderì alla scissione (che fu invece seguita da altri due esponenti, moderati, del socialismo nisseno: gli avvocati Borrello e Cammarata, quest'ultimo tornato poi nel P. S. I.; si venne anzi sempre più spostando verso rigide posizioni frontiste, non insensibile a qualche lusinga fusionista. Da un lato la scissione gli appariva caratterizzata proprio dalla parte più trasformistica e clientelistica del vecchio socialismo isolano, accomodante e magari affaristico. Da un altro lato egli si trovava impegnato in una lotta a fondo contro la mafia, in una denuncia sistematica dei legami di questa con le classi dominanti e perfino con i pubblici poteri (lui, Pantaleone, è di Villalba, come Calogero Vizzini, il defunto capo della mafia); e allora, in una realtà simile, come far valere posizioni politiche più articolate, come nop. subire una spinta a radicalizzarsi, come conciliare le più aspre esigenze della più accesa lotta di classe con l'ideale dello Stato di diritto? La lotta alla mafia diventa dunque il motivo dominante della battaglia politica di Pantaleone; ma il suo interesse politico è attratto anche dalla politica agraria, ove apporta una esperienza personale, di conduttore d'azienda modello (primo premio regionale nel concorso della produttività). In questo campo esprime idee sensate: per esempio, egli assegna ancora una funzione di p~ogresso alla piccola e media azienda capitalistica, nel quadro naturalmente di una generale riforma agraria. Ci siamo dilungati sul caso di Pantaleone perchè ci sembra significativo [109] Bibloteca Gino Bianco

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