meno brutti) di un X per cento (il 3 % per le opere in bianco e nero e il 5 % per quelle realizzate in colore), computato sul prezzo che lo spettatore paga per il biglietto: naturalmente negli spettacoli dove i cortome- • • • traggi stessi vengono programmati. . ....... E qui, proprio a questo punto, s'inserisce il fenomeno speculativo, che appunto, come vedremo, è il maggior responsabile della qualità scadente: delle opere. Nè è lecito pensare, come forse parrebbe logico, che la speculazione avvenga da parte del produttore, di colui, cioè, che ha rischiato i capitali; perchè avviene, invece, a danno proprio del produttore, ad opera di coloro che meno avrebbero titolo a guadagnar soldi coi documentari: sono, costoro,· i distributori, e cioè le case di noleggio ed i proprietari di sale od esercenti. Per spiegare il fenomeno occorre tenere in considerazione alcune caratteristiche dell'industria di noleggio e di esercizio cinematografico. Anzitutto il prodotto che determina gli incassi di una sala è il -film spettacolare e non il cortometraggio. Il contributo, quindi, che lo Stato attualmente eroga per il cortometraggio, essendo commisurato - come sopra è detto - agli incassi conseguiti negli spettacoli nei quali il cortometraggio stesso yiene proiettato, è in relazione al valore commerciale dei films ai quali il documentario si accompagna. Una situazione del genere doveva portare a questa conseguenza: l'acquisto, da parte delle case noleggiatrici, dei cortometraggi dai rispettivi produttori: naturalmente al più basso prezzo possibile. In tal modo i noleggiatori - e spesso gli stessi esercenti - divenendo titolari dei diritti di sfruttamento del cortometraggio, bene-- ficeranno del premio governativo, il quale si spinge a volte fino ai 30-40 milioni di lire; mentre al produttore del documentario, la cui attività - se non andiamo errati - si intendeva appunto sostenere, non rimane che il prezzo e di mercato » aggirantesi fra ·le 300 mila ed il milione e .mezzo di lire! In sostanza il livellamento del valore commerciale dei cortometraggi è, dunque, imposto dal settore della distribuzione. Eccoci, allora, giunti alla spiegazione del fenomeno di scadimento qualitativo dei cortQmetraggi: la costrizione dei prodotti entro limiti di costo insufficienti, il precostituito clima di opportunismo speculativo nel quale q~esta produzione è costretta a nascere. E pensare che - si lamenta- , no a buon conto i documentaristi - dati certi incassi, moltissimi docume11tari potrebbero venire realizzati su di una base fina11ziaria più che sufficiente ad assicurarne i buoni requisiti! Per assumere, del resto, un. termine chiarificatore di confronto, basterà ricordare che nel 1942 i documentari realizzati dall'Istituto L.U.C.E. comportavano ciascuno un costo di produzio1 ne aggirantesi dalle 100 mila alle 500 mila lire, vale a dire dai 5 ai 25 e più milioni di oggi! Ch~ può dedursi da tutto ciò? Senza proporsi ~i raggiungere oggi ·simili misure di costi, è chiaro che la situazione è insostenibile: e per lo Stato [53] Biblioteca Gino Bianco
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