., I . troppo ampio e complesso per poter esser affrontato in questa sede: dove quel che premev.a non era tanto di render conto dei vari contributi del Badaloni, ma della metodologia che li sorregge. E gli esempi che si son fatti, la discussione che s'è tenuta su alcuni punti del suo libro e della filosofia bruniana, hanno ribadito chiaramente quei limiti di cui si è a lungo parlato in queste pagine. Ma, ovviamente, i limiti della metodologia marxista appaiono non t.anto negli scritti degli studiosi di più spiccata personalità, per i quali, come suole accadere, ogni metodologia è strumento che si piega alle esigenze di una ricca e autonoma sensibilità storica, ma soprattutto nei lavori che ci vengono da studiosi meno dotati, per i quali i criteri di orientamento e di giudizio accettati in sede metodologica hanno un peso assai maggiore. Che è proprio ciò che più importa rilevare, se è vero che storici di prima grandezza si contano nell'ambito delle più diverse correnti storiografiche, ma che la fecondità di un metodo si misura dall'impulso che riesce a dare al livello medio degli studi che ad esso si ispirano. Il saggio, ad esempio, che .. qualche anno fa Giuliano Procacci ha dedicato al problema della fortu~ nella realtà politica e sociale del primo Cinquecento (36 ), dimostra in larga misura quei difetti di schematismo e di durezz,a metodologica che il Luporini e talvolta anche il Badaloni avevano saputo con più accortezza nascondere nelle pieghe di un discorso storico nel complesso più ricco e sfumato. Nè qui, evidentemente, è questione di diverse dimensioni e di diverso impegno: chè il saggio del Procacci ha la pretesa evidente di proporre una problematica nuova, di affrontare lo studio della vecchia questione partendo da un punto di vista completamente nuovo ,e capovolgendo dalle fondamenta i tradizionali criteri di indagine. Il problema che il Procacci affronta nelle pagine del suo scritto, riguarda quelle riflessioni sulla fortuna e sul suo potere che occupano così spesso le pagine di un Machiavelli e di un Guicciardini, di un Commynes e di un Montaigne (tanto per non citare che alcuni degli scrittori che anch'egli cita): e lo scopo che lo storico si è prefisso è di dimostrare che, per comprendere adeguatamente il significato di quelle riflessioni, il punto fondamentale da tener presente non è tanto la loro interna struttura ideo- ( 36 ) G. PRocAcc1, La fortuna nella realtà politica e sociale del primo Cinquecento, in Belfagor, VI (1951) pp. 407-21. , [43] • J iblioteca Gino Bianco
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