religiosa. Non solo quindi essa.rimane caratterizzata come dottrina metafisica e religiosa (anche se anticristiana), ma è ben lungi dall'annullare e dal risolvere in sè quei motivi critici di cui s'è rapidamente sottolineata la diversa natura. E s'intende che il p1 roblema storico di questa profonda divergenza di atteggiamenti speculativi non può esser risolta negandola, ma studiando le sue concrete ragioni all'interno del complesso svolgimento del · pensiero bruniano. La stessa questione della «storicità», che, da quando il Gentile scrisse . . · la sua celebre postilla sulla veritas filia temporis, è diventata un passaggio obbligato della critica bruniana, non è assolutamente individuabile (malgrado· gli sforzi del Badaloni) sul piano della teoria vicissitudinale, m.a su quello, ben diverso, della critica dell'età dell'oro, svolta in una mirabile p.agi-. na dello Spaccio (della quale non mi consta sia stata rilevata la probabile de- . rivazione machiavelliana). Persino le note pagine del primo dialogo della Cena de!le Ceneri, sui progressi dell'astronomia, che il Gentile citò come primo documento di una concezione storie;3.della verità, sono da questo punto di vista assai meno chiare e precise di quelle dello Spaccio: perchè, stabilito che non ha senso parlare dell'origine e della finè delle filosofie, dal momento che, come delle altre cose, così anche delle opinioni si dà infinita e ferrea vicissitudine («Notò dico [è Teofilo che parla] il vostro• Aristotele che come è la vicissitudine de l'altre cose, cossì non meno de le opinioni et effetti diversi: ,però tanto è aver riguardo alle filosofie per le -loro antiquità, quanto voler decidere se fu prima il giorno o la notte » (32 ), l'unico problema risulta esser quello di individuare ( << fissar l'occhio della considerazione >>) il punto esatto in cui ci si trova, se nella sera o nel 11\attino, all'inizio o alla fine di un ciclo. E in questo modo, non solo la verità si riduce ed essere patrimonio di pochi, se non di uno (« ... in fine è più sicuro cercar il vero, et conveniente fuor della moltitudine: perchè questa mai apportò cosa preziosa e degna. Et sempre tr,a pochi si trovano le cose di perfezione e pregio ... ») (33 ), ma non si vede bene come con questa concezione possa poi conciliarsi la potente critica di coloro che << vissero morti... negli anni propri » (34 ), e non seppero far tesoro delle altrui espe- ( 32 ) G. BRuNo, La cena delle Ceneri, ed. Aquilecchia, Torino, 1955, p. 108.. ( 33 ) G. BRuNo, La cena delle Ceneri, cit., p. 112. ( 34 ) G. BRUNO, La cena delle Ceneri, cit., p. 106. [40] Bibrioteca Gino Bianco
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