Nord e Sud - anno III - n. 14 - gennaio 1956

verse interpretazioni - dal Gentile al Guzzo, dall'Olschki al Corsano e al Garin ~ queste pagine stupende hanno dato luogo, e ci esenterà dal compito di esporle qui. Di fronte a queste interpretazioni, il Badaloni assume un atteggiamento molto deciso: nessuna di esse lo soddisfa pienamente, perchè a tutte, per una ragione o per un'altra, sarebbero sfuggiti i caratteri della dottrina gnoseologica che il Bruno ha esposto nelle forme di questo mito. Chi .infatti nel mito d'Atteone ha visto un perdersi della mente in Dio hà non meno torto di chi ha preteso leggervi una trionfante affermazione di soggettivismo gnoseologico: perchè, se da una parte il testo del Bruno è del tutto irriducibile ~ un'interpretazione << idealistica » (e qui siamo perfettamente d'accordo con il Badaloni e con quanti lo avevano preceduto su questa strada), dall'altra sarebbe impresa disperata far della Diana contemplata da Atteone nella sua assoluta ~nudità, niente 1altroche il simbolo stesso della « verità suprema», della infinita luce divina. La Diana ignuda rion è Dio, dice a questo punto il B.adaloni, ma la natura: e certo, nessuno che abbia letto con attenzione il testo bruniano può contestare la esattezza del suo rilievo. E tuttavia, è evidente che le conclusioni che egli ne trae sono del tutto ingiustificate. Dire ad esempio, come il Badaloni dice, che in questo modo, con la distinzione tra Dio e natura, il Bruno si libéra ·della « trascendenza notando la impossibilità di cogliere la inaccesa luce divina>>(28 ), significa, com'è chiaro, forzare il testo verso un'interpretazione arbitraria: perchè una simile affermazione presupporrebbe che il Bruno avesse, attraverso quella distinzione, criticato il concetto stesso di inaccessibile e dall'impossibilità di conoscere Dio avesse ·tratto la convin.. zione dell'inutilità di perdere il tempo a conoscerlo, laddove egli si limita a constatare questa impossibilità umana ad attingere ~a suprema fonte della realtà. Ci si libera della trascendenza quando, anche senza darne una critica rigorosa ed esauriente, ci si rivolge (ed è il caso di Vico) a tutt'altri campi di conoscenza, al mondo della storia o della natura, ma non già, quando si presenta la conoscenza della natura come un aderire almeno all'ombra della divinità, come un compenso alla mancata realizzazione della conoscenza totale del divino. In questo caso (ed è il caso del Bruno) il problema del divino rimane sempre al centro della questione: e d'altra parte, chi osservi con attenzione lo svolgimento delle argomentazioni bru- \ ( 28 ) G. BRUNO, pp. 58-58. [37] Biblioteca Gino Bianco

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