Nord e Sud - anno III - n. 14 - gennaio 1956

che recisamente neghiamo è che i <<doppioni>>, i quali sorgessero nel Mezzogiorno iq virtù di tale politica, abbiano a considerarsi un ~nno, dal punto di vista dei fini propostisi. I È ben vero che alcune delle industrie situate al Nord avrebbero a soffrire della concorrenza esercitata dalle nuove unità meridionali; è ben possibile che alcune tr~ esse possano venir costrette a ritirarsi dal mercato: ma ciò costituisce l'inevitabile sacrificio che le zone più dotate del Paese debbono affrontare per il bene comune, cioè a dire per la risoluzione di un problema il quale - ripetiamo - è ùn problema piuttosto di rivoluzione che non di evoluzione industriale. Se una azienda, allo scopo di migliorare per l',avven.irela propria efficienza e la propria vitalità, dovesse ricorrere ad una integrale riforma della sua strutturazione, nessuno si sognerebbe di additar~ come « sprechi >> gli oneri che a tal uopo dovesse sopportare: ma li si annovererebbe rettamente tra i costi che ogni azienda sopporta in vista dei futuri . ricavi. Così non implicherebbe «perdite» per la produttività dell'industria italiana, considerata nei suoi dinamici sviluppi, il trasferimento di alcune unità industriali da certe regioni a certe altre regioni. Mentre i <<costi » relativi a questa redistribuzione equilibratrice delle strutture produttive sopportati dalla collettività, potranno essere contenuti in limiti certamente non superiori a quelli delle vere e proprie perdite (in qwmto sacrifici non connessi ad alcuna speranza di ricavi futuri) che la collettività dovrebbe subire prima o poi, qualora tale redistribuzione non avesse luogo. Non vi sarà i11cremento della·disoccup;izione, se la disoccupazione attuale, anzichè incidere preminentemente sulle regioni più povere, sarà in parte addossata alle regioni meno disagiate: costituendo anzi questo trasferimento una delle condizioni necessarie ad una più rapida eliminazione progressiva del fenomeno. Nè infine meritano di essere presi in considerazione certi timori per un << eventuale moltiplicarsi di nuclei produttivi senza tener conto delle capacità di assorbimento del mercato » : è ovvio che, per quanto allettanti possano essere gli incentivi, nessuno intraprenderà la prcxluzione di beni destinati a rimanere invenduti. . ... Ma reputare possibile l'avviamento della industrializzazione del Mezzogiorno rifiutandone i sacrifici connessi, è manifestamente assurdo. Sin dal secondo numero di questa rivista E. Scàlfari dichiarava come occorresse «-abbassare il tenore di vita delle regioni più progredite, sottrarre capitali alle iniziative più immediatamente redditizie, stimolare investimenti che [15] Biblioteca -Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==