gravità non può sfuggire a tutti quanti intendono - giustamente intendono - il problem.a dell'industrializzazione meridionale nei suoi termini qualitativi, di tipologia compositiva, più ancora che nei suoi termini .quan- • • • t1tat1v1. Non bisogna dimenticare che la più recente teoria sullo sviluppo economico dei paesi arretrati considera realmente « industrializzate » quelle regioni che indirizz~no una considerevole quota della propria attività produttiva alla creazione dei beni capitali: quei beni che tanta parte hanno nella reintegrazione dell'attrezzatura utilizzata e nella for~zione di nuova attrezzatura, dell'investimento netto, del capitale nazionale onde scaturisce il reddito. Scriveva l'anno scorso il prof. P. S,araceno, in << Lo sviluppo economico dei paesi sovrapopolati >> (Ed. Studium, Roma 1954, p. 122), che « allo stato attuale della tecnica, possiamo qualificare paesi industrializzati solo quelli che hanno la capacità e la possibilità di produrre gli strumenti del loro lavoro ...; sono cioè i paesi che posseggono le industrie meccanica, siderurgica e chimica e non certo quelli che oltre a sfruttare le proprie risorse • agricole e minerarie, si limitano a produrre beni di consumo mediante impiego di quelle macchine che i paesi industrializzati riterranno di cedere loro ». Soggiungendo poi che « ancor più in un futuro molto prossimo, le industrie di beni di consumo, ormai altamente meccanizzate, non potranno dare che un contributo molto piccolo a quell'accrescimento del redditò e dell'impiego al quale tende ogni paese èhe voglia progredire>>. Incrementare dunque lo sviluppo industriale secondo l'attuale localizzazione dei settori produttivi, contribuirebbe, sì, a migliorare in senso assoluto la posizione economie.a del Mezzogiorno: ma non potrebbe risolvere le strozzature da cui è affetta. Uno sviluppo in tal senso non potrebbe colmare la frattura esistente tra le due parti del Paese. Bisogna considerare, sempre per dirla con le parole del prof. S,araceno (p. 121), che una situazione in cui « i paesi sviluppati mantengano dei sistemi produttivi completi, mentre il resto del mondo limita la sua attività produttiva alla fabbricazione dei beni di consumo rinunciando alla produzione di beni strumentali, lascerebbe sopravvivere una parte dello squilibrio attuale, una parte che tende a divenire sempre più grande in quanto il progresso economico è, tutto sommato, niente altro che un processo di spostamento del reddito e della occupazione dalle industrie di beni di consumo, che si meccanizzano ogni giorno di I più, in favore delle industrie che producono gli strumenti necessari per una [11] Biblioteca Gino Bianco
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