animo intristito dalle sofferenze e dal bisogno di affetto, un sentimento nuovo, timido e trepidante, tenero ed intenso. Egli lascia Torino per Zurigo, lascia la scuola di fanciulle per il Politecnico, e nel suo viaggio si porta dentr~, con la malinconia dell'abbandono della patria, l'immagine vaga di Teresa. << La verità è che Leopardi rimaneva come incantato innanzi a ciascuna donna, perchè vedeva in ciascuna non questa o quella, ma la donna, anzi la donna sua, la creatura del suo spirito»: sono parole del Saggio sul Leopardi, e il critico le aveva sperimentate prima su se stesso. Quest'amore nacque perchè doveva nascere, perchè tutto, nello stato d' animo, nella vita che conduceva a Torino, disponeva il De Sanctis a tanto. Il suo temperamento non lo portava ai sospiri che non diventano sentimenti, alle fuggevoli ombre che non si fissano in immagini, ai sentimenti, infine, che non s'incarnano nelle persone: aveva troppa esperienza dei mali che fanno in poesia queste cose, i bisogni e i desideri che non si sanno definire, le aspirazioni vaghe verso lo sconosciuto (abbiamo a bella posta adoperato espressioni di un contemporaneo saggio desanctisiano sulla Sassernò ), e troppa attitudine ad analizzare se stes• so. Nel luglio del '56 si apriva col Villari: si sentiva nato per vivere tra le pareti domestiche, con una donna amata accanto, e gli amici, e invece la sorte s'era ostinata a metter la solitudine là dove egli sognava sorrisi e carezze e affetto~ « I soli momenti beati, che passa il professor De Sanctis è di spendere delle ore a contemplare, ad accarezzare due uccelli, e a divorare con gli sguardi le lettere che gli mandano da Torino tre o quattro giovinette, con le quali egli fanciulleggia a dispetto de' suoi capelli bianchi senza scopo ... » (ivi, pg. 31). « Senza scopo? > Il De Sanctis mentiva all'amico: perchè poco prima di scrivere quelle linee ne aveva scritte due altre: << ho un bisogno di essere amato, non soddisfatto, rimasto per me un réve: sento che avrei la forza di far ·qualcosa, se potessi dire: ella lo saprà». 12 luglio 1856: e il dieci agosto 1856, meno di un mese più tardi, dirà la stessa cosa a Teresa: « ti ringrazio, Teresa, tu mi dai un po' di coraggio, comincio a lavorare con piacere; sono meno tristo; e se farò cosa alcuna degna di lode, con che gioia potrò dire: Teresa il saprà> (Lettere a Teresa, pg. 16). E a poco a poco il De Sanctis prende animo e le lettere iniziate come una semplice corrispondenza con una antica scolara scoprono sempre meglio il vero sentimento di chi le scrive: l'uomo prende animo e se non dismette la delicatezza che s'era prefissa dal principio non cela, tuttavia, l'animo suo. << Credi tu ch'ella m'ami veramente? O io non sono per lei che un primo réve confuso? » Chiedeva al De Meis nel novembre '56 (Lettere dall1 esilio, pg. 135) con una trepidazione che mostra tutto l'interesse eh' egli portava alla cosa, la ricchezza di sentimento che vi aveva investita. E l'uno e l'altra si vedono appieno quando il sogno fu bruscamente tagliato e dopo un viaggio a Torino il De Sanctis si trovò ad essere stato prof eta: senza scopo. << Ho il cuore mortalmente ferito: non posso sopportare la vita; innanzi a me non ci è nessun avvenire, nessuno scopo, e non ho neppure la forza di seppellirmi nel mio passato e di evocarlo; mi considero un uomo morto> (Lettere aJ Villari pg. 41). È la piena di un amore [126] Biblioteca Gino Bianco
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