Perchè ogni autore ha, certo, un suo modo di filtrare l'esperienza iIIlmediata, di passare dalla cronaca alla poesia. Per Alvaro questo modo è la fiaba, il mito, intesi come memoria dell'umanità, senza cioè quei confini precisi che sono la storia. Infatti una delle dimensioni cronologiche in lui più frequente è « da sempre», e.non sta certo ad indicare un rifugiarsi nel vago per sfuggire ad una concreta realtà - quasi surrettizio rifugio della responsabilità morale, prima che artistica ~ ·ma appunto il suo modo particolare di reagire al dato, al naturalismo, e magari al pericolo della demagogia. Ed è lo stessomodo, soltanto più cosciente, della sua gente d'Aspromonte. Il tempo è un'invenzione della civiltà. Occorre spostarsi dai monti della Calabria al cuore della Mitteleuropa, alla Berlino delle pagine di Quasi una vita, per sapere cosa il tempo significhi, fino ad arrivare a quella ~ostruosa prigione del tempo che è L'uomo è forte. Ma in questa visione, reale ed astratta insieme, anche il richiamo mitologico non è uri diversivo, ma solo la significazione in termini antichissimi di quella civiltà che Alvaro, come Verga, scorge in ognuno dei suoi perso- . naggi. Il mistero di un popolo·.~he non ha mai fatto la storia, che ne è vissuto sempre ai margini e che pure ha qualcosa di irriducibile alla miseria dei f ellah - « Da noi, di veramente grande è acc,aduto poco>> (6 ), ma tuttavia << è il solo paese, il nostro, dove p~imitivismo non significa barbarie » (7)- giustifica poeticamente queste intrusioni: « Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati a una mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale >>(8 ). Oppure quando qualcuno di essi, novello Melibeo, « seduto su un poggio, come su un mondo, dà fiato alla zampogna, e tutti pensano alle donne, al vino, alla casa di muro» (9 ). È una civiltà innata ed inconsapevole, una sorta di classicità che diventa anche e soprattutto un richiamo figurativo, un modo di raccontare, di spiegare il persistere del primitivismo e insieme l'assenza della barbarie. Motivi verghiani è fin troppo facile ritrovarne, anche solo come analogia di situazioni umane, in certi pastori di Alvaro: si pensi, per fare un ( 6 ) Vent'anni, edizione riveduta, Bompiani, Milano, 1953, pag. 17. (7) Cronaca (o fantasia), Roma, 1944. ( 8 ) Gente in Aspromonte, cit., pag. 3. ( 9 ) Ivi, pag. 3. [112] Biblioteca Gino Bianco
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