Nord e Sud - anno II - n. 13 - dicembre 1955

notizz'ache, in totale, i latz'tantidella provincia, dopò un più attento esame, sarebberocirca 400 >>. E se lo dice la Questura, non v'è motivo di non credervi. Sono questi fuori-legge a infestare la provincia con taglie, ricatti, estorsioni, furti, rapine ed altri delitti. La leggenda di Musolino, del brigante << per onore», è solo una vecchia leggenda, priva d'impegni, per le nuove leve del brigantaggio motorizzato. I fratelli Macrì (Angelo, Giuseppe, Rocco, Giovanni), e gli altri campioni come Giuseppe Barca, Vincenzo Romeo, Domenico Alviano, etc., sono solo volgari e truci assassini. Musolino certo si vergognerebbe di loro. La corrispondenza del Doldo fu il primo allarme. Seguirono, fra i molti servizi, i due, serì e precisi, di Vittorio Lojacono, che, sulla Settimana lncom dell'll e del 18 giugno, dette una documentazione più ampia. In Calabria, come in Sicilia, la mafia non esita a pronunciare le sue sentenze. Ne è una prova la decapitazione di Paravati, incredibile vicenda poi conclusasi in questa estate alle Assise di Vibo con un ergastolo e altre quattro condanne dai 21 ai 24 anni. La sera del 10 aprile 1954, Francesco Cricelli, un guardiano di fondi, non ritornò a casa, nel Co1nune di San Calogero (Catanzaro). La moglie Mariantonia e le figlie, Domenica e Concetta, cominciarono a dar segni di preoccupazione. Il Cricelli, nato a Paravati, frazione di Mileto, aveva dovuto lasciare il suo paese perchè la gente lo accusava d'essere un poco di buono. Un suo fratellastro, Antonio Currà, deporrà poi che il Cricelli aveva effettivamente fatto parte d'una associazione a delinquere chiamata «fibbia». Comunque, un possidente di San Calogero, Antonio Barone, gii offrì del lavoro ed egli cambiò residenza. E il complesso delle testimonianze (fra cui quella d'un tale Domenico Còlloca) fa ritenere che, anche nel nuovo paese, egli continuasse ad appartenere alla malavita organizzata, retta da sue regole, fra le quali, fondamentali, l'omertà e il rispetto dei capi: norme la cui inosservanza è punita con la morte. La moglie del Cricelli conosceva bene questa situazione e avvertì, nel suo istinto, che qualcosa doveva essere accaduto. Così, insieme alle figlie, si recò verso la «Nazionale» che da Rosarno conduce a Paravati, nel fondo << Calderaro », dove il marito era guardiano e dove sapeva dell'esistenza di un pagliaio. Entrate 1n questo pagliaio, le tre donne trovarono la bicicletta con cui il Cricelli abitualmente ritornava a casa. Allora esse, pre- [80] Biblioteca Gino Bianco

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