Nord e Sud - anno II - n. 13 - dicembre 1955

stimenti in attività produttive meridionali. Tuttavia i due miliardi che costituiscono il capitale dell'I.S.A.P. sono addirittura irrisori di fronte alla grandiosità del disegno: non è sulla base di queste cifre che si possono compiere veri passi in avanti; nè la politica di agevolazioni fiscali e facilitazioni creditizie per l'industrializzazione del Mezzogiorno si è rivelata sufficiente ad assicurare un'adeguata espansione delle attività industriali, potendo essa influire sullo sviluppo di aziende già esistenti, non sulla formazione di nuovo capitale d'impianto. Perciò lo schema Vanoni guarda al grosso capitale privato, nazionale o straniero. Ora, quando il convegno di Palermo ha lamentato quella condizione psicologica di diffidenza che caratterizzerebbe vasti settori di opinione nei confronti del capitale privato e ha auspicato la formazione di un ambiente psicologicamente favorevole all'intervento privatistico, si deve precisare che il Mezzogiorno continentale non nutre ostilità preconcette verso il capitale privato, anche se esso non gli è andato festosamente incontro nè gli ha promesso vita facile così come ha fatto la Sicilia per mezzo di qualche suo rappresentante regionale. Il Mezzogiorno, però, non può non seguire la via di una prudenza consigliata da passate e recenti delusioni. Tanto meno esso può rinunciare a porre condizioni nel momento in cui il capitale settentrionale si rivolge verso di esso non già per filantrOP.•iche finalità, che d'altronde nessuno pretende si accompagnino al calcolo economico, ma sotto la spinta di necessità di espansione e di decentramento, maturate per la stessa legge interna del sistema. In proposito il rapporto annuale dell'E.C.E. è ammonitore: << nei più ricchi Paesi d'Europa sembra che non solo le maggiori città ma anche le altre regioni altamente industrializzate siano giunte ad un punto in cui la percentuale della popolazione occupata nell'industria co1nincia a diminuire, poichè la percentuale impiegata nei servizi aumenta più di quanto non diminuisca la già esigua occupazione in agricoltura ». Sicchè << sembra, pertanto, decisamente consigliabile cercare di trasferire le industrie in espansione e quelle labour intensive nelle regioni nelle quali si desidera un aumento dell'occupazione industriale, e non già indirizzarle verso quelle regioni in cui non si vuole aumentare la occupazione industriale». Nè si dimentichi un'altra condizione, non taciuta per la verità dal convegno, che spinge il capitale settentrionale verso il Mezzogiorno. La integrazione economica e politica dell'Europa è ormai una delle direttive in cui si muove la storia dei popoli occidentali e ben difficilmente un movimento spiri tua le sorto dal rogo dei nazionalismi e delle autarchie potrà essere fermato a mezza strada. Ora non sfugge all'industria italiana la condizione di minorità in cui si troverebbe nel mercato unico qualora vi dovesse giungere portandosi al piede la palla di piombo di una grande area sottosviluppata. , Sicchè è evidente che l'industrializzazione meridionale non è un regalo che il capitale del Nord intende fare al Mezzogiorno, ma è una necessità del suo stesso sviluppo, per oggi, e della sua sopravvivenza nel mercato europeo, per [49] Biblioteca Gino Bianco

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