la conoscenza dei termini in cui i problemi meridionali e le loro soluzioni . s1 pongono. Fondamentale, dunque, per le categorie produttive, la cooperazione economica dello Stato e dei privati. E ciò non solo agli effetti del mercato nazionale, ma anche per le prospettive dell'integrazione europea. E' un programma, come si vede, che non dovrebbe destare perplessità: e difatti la <<stampa libera» l'ha incondizionatamente sottoscritto, senza muovere alcuna obiezione, ove si eccettui il rilievo del Messaggero (16 ottobre), per il quale il convegno, auspicando un grosso volume di investimenti nel Mezzqgiorno, <<non ha posto in rilievo ciò che un grande economista, il Clarke, ebbe a sostenere circa 60 anni or sono, in un suo libro ormai celebre, e cioè che non si tratta soltanto della entità degli investimenti quanto delle forme concrete che gli investimenti stessi assumono». In effetti, alcune considerazioni potrebbero nascere, ove, al di là della mozione ufficiale, si abbia presente lo spirito della platea nel corso dei lavori; e ciò senza voler fare uno di quei processi alle intenzioni, che esulano dai nostri propositi, ma solo confrontando alcune affermazioni responsabili con la realtà meridionale. Preliminarmente ci sembra essenziale chiarire il significato dell'espressione <<elemento uomo>> che nella mozione pare senz'altro rivolta ad indicare il prestatore d'opera, mentre nel corso dei lavori è stata sopratutto usata a significare priorità della privata iniziativa sull'intervento statale. Priorità sulla quale, in linea di dottrina, anche politica, non c'è da formulare riserve. I dubbi nascono invece quando l'imprenditore privato cui il convegno intendeva riferirsi si è rivelato essere non altri che l'attuale proprietario terriero, <<vittima» della riforma agraria e di ogni altra <<demagogia>> dello Stato. Praticamente non la classe imprenditoriale agricola del Mezzogiorno sarebbe responsabile della arretratezza dell'economia terriera e del basso reddito ad essa conseguente, ma lo Stato, e solo lo Stato, che, perseguendo una politica <<demagogica» e creando <<la incertezza del diritto», impedisce l'investimento nella terra di capitali, di energie e di valori imprenditoriali. Dimenticava il convegno, a parte l'esperienza di un settantennio di studi meridionalistici, che la riforma agraria è una <<calamità» recente, mentre l'assenteismo della classe imprenditoriale nel Sud risale ai tempi in cui vigeva la <<certezza del diritto», tempi in cui essa, essendo anche politicamente classe dominante, non avrebbe certo potuto rivolgersi contro se stessa. L'aumento della produzione e del reddito, nei comprensori di riforma agraria, dimostra la capacità produttiva della terra, purchè questa sia affidata a una classe imprenditoriale dinamica e non assenteista, a una classe di gente che viva sulla terra e non nelle capitali; e dimostra anche come <<l'elemento uomo» sul quale il Mezzogiorno deve puntare è proprio quello che nasce dalla pacifica rivoluzione in atto contro le vecchie cristallizzazioni dell'economia e della società meridionale. Certo questo discorso non vale, o per lo meno non può avere carattere [47] Biblioteca Gin Bianco
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