impostazione su un piano negativo, protestatario, velleitario, oppure sul piano dei matrimoni elettorali senza stima. Bisogna mettersi su tutt'altro piano. Ferma l'autonomia ideologica e organizzativa dei partiti, bisogna stabilire obbiettivamente, cioè senza << concessioni » più o meno convinte, o tanto meno scambi e compromessi, quali sono, rispetto a un certo numero di problemi concreti fondamentali della vita italiana in questo periodo) le posizioni dei partiti. L'unione è possibile, anzi spontanea, quando queste posizioni siano eguali, perchè soltanto allora è possibile presentarsi con un impeg110 di azione politica comune rispetto a quei problemi. Una battaglia elettorale comune presuppone la detta unità· sul piano dell'azione. La volontà dei partiti di soddisfare l'esigenza della << terza forza » deve esercitarsi nel senso di accantonare l'isolazionismo pregiudiziale e i dissensi secondari o finalistici (lasciando a ciascun partito di agitare intero e intatto il suo programma), ma non può. e non deve arrivare alla finzione di convergenze inesistenti, o all'accantonamento di problemi essenziali, rispetto ai quali bisogna essere d'accordo per rappresentare una forza attiva. Restare su questo piano può significare limitare l'ampiezza di un accordo, ma significa evitare ogni pericolo di combinazioni effimere e trasformisticl1e, delle quali in Italia non sono mancati esempi anche recenti ». Nulla era ancora maturo, tuttavia, nel quadro di quelle prospettive Parri era impaziente e reclamava dalla Segreteria del P.R.I. dichiarazioni ancora più decise e nondimeno il P.S.L.I. doveva già affrontare l'unificazione con i gruppi romitiani: era difficile reclamare dalla segreteria del P.R.I. una maggiore pressione sulla socialdemocrazia, che avrebbe probabilmente esposto i repubblicani ad un rifiuto. In occasione dei' Congresso nazionale del P.R.I. dell'aprile del '50, a Livorno, la relazione Reale riesaminava, non senza perplessità, la possibilità di un'intesa. È superfluo ripetere che, in occasioni prossime e meno prossime, il Partito Repubblicano dovrà tendere a quel concentramento di forze politiche italiane che, guidate dalla comune impostazione dei fondamentali e più urgenti problemi politico-sociali, possano fare appello al paese e vincerne la sfiducia nelle formazioni di minoranza. I repubblicani devono riaffermare il proposito di prestare il loro leale concorso per il superamento delle difficoltà vere o presunte che si oppongono al concentramento delle formazioni omogenee, ma debbono rivolgere il loro appello - ed essere capaci di farlo ascoltare - anche e sopratutto alle forze • non organizzate. [115] Biblioteca Gino Bianco
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