Nord e Sud - anno II - n. 13 - dicembre 1955

I Con l'affermarsi del regime fascista cominciava quella politica dell'einigrazione che, negli italiani fuori del Paese, fino allora tradizionalmente pacifici, laboriosi, spesso fiorenti, ben visti nei paesi ospitanti, voleva vedere masse di manovra, con relativi << fasci all'estero>>. E all'interno si cominciarono a bloccare le partenze. Ogni uomo che partiva era, evidentemente una <<baionetta » di meno. A ciò si aggiunse l'egoistica, miope politica dei sindacati del Nord-America, con le note leggi restrittive, contro l'affiusso di mano d'opera a minor prezzo. Fu a questo punto che il disagio 11el Mezzogiorno, e in modo particolare in Sicilia, divenne quale non s'era mai conosciuto. L'emigrazione, valvola di sicurezza, si chiudeva e l'orizzonte dei contadini rimaneva senza speranze. Basti pensare che, solo nel 1913, la Sicilia aveva dato il 17 per cento sulla massa dell'emigrazione nazionale (146.061 persone su 872.598). Nel periodo di S anni, dal '14 al '18, il continente americano aveva assorbito nelle sue terre 400.000 emigranti l'anno, prevalentemente meridionali; e 170.000 (soprattutto del nord e centro-Italia) erano stati assorbiti dai Paesi dell'Europa, particolarmente da Francia e Belgio. Poichè a un certo momento, nelle statistiche governative, il fenomeno secolare degli emigranti era sparito, con impudenza estrema le gazzette del minculpop cantarono inni alla disoccupazione debellata. E invece, mai come allora, nel Sud la situazione era così grave. · Nè solo una coraggiosa riforma agricola e un regolare flusso migratorio sono i rimed1. Indubbiamente anche il moto generale del progresso è un buon farmaco. Vie, ponti, acqua, luce, case, ferrovie, la radio, il cinema, i giornali, tutto ciò c~rto contribuisce. Ma è la scuola che deve svolgere un compito essenziale. Innanzi tutto dando all'individuo l'arma, lo strumento primordiale senza di cui non è possibile cultura: la lotta al1' analfabetismo. Questa piaga, fra le più avvilenti per un po•polo, no,n si è affatto chiusa e nemmeno attenuata, malgrado il tempo trascorso e la pur relativa evoluzione delle cose e degli uomini. Guardiamo, ad esempio, la Sicilia, che è scelta proprio perchè in essa più vistosi e tenaci si sono manifestati in questo dopoguerra i fenomeni antisociali. Come ha ricordato Vincenzo Suraci in Problemi scolastici della Sicilia d'oggi (<<Notiziario di Messina» del 30 novembre 1949), secondo il censimento del '31, gli analfabeti nell'isol~ erano 1.323.835. Poichè, con tutti gli anni di guerra e dopog~erra in cui le scuole sono rimaste deserte, questa cifra - come ritengono gli studiosi del problema, e, fra gli altri, [104] Biblioteca Gino Bianco

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