la iegge, per realizzare i propri scopi deve ricorrere di continuo al delitto, che non compie nelle forme clamorose del brigantaggio, ma circonda di tutte le più astute cautele, in modo da rendere invisibile e più pericoloso il suo pugno. Il famoso processo Palizzolo (che fu il p10cesso della rriafìa, corrle quello Cuocolo lo fu della camorra) vide affannarsi parlamentari e maestri del Foro, quali gli onorevoli Stoppato, Fulci, Bonfadini, nel tentativo di definire questa piaga dell'isola; e rivelò, con le sue ombre, presenti tuttora, quanto sia difficile all'autorità giudiziaria far luce su un delitto (come il pugnalamento di Notarbartolo) che impegni a fondo la mafia, associazione che pure è solo fino a un certo punto segreta (ieri, come oggi, tutti conoscono i nomi dei suoi esponenti principali). La radice economica di questa associazione a delinc1uere è nelle caratteristiche della proprietà agricola dell'isola, dove il feudalesimo fu formalmente abolito solo nel 1812. Al termine di questa seconda guerra vi erano ancora solo mille persone che possedevano il 27°/4 delle terre colti- , vabili della Sicilia, con particolari concentrazioni in alcune zone. Dieci anni fa, nell'intera provincia di Caltanissetta, il 46,20% della superficie agricola apparteneva a 41 persone; e, così, fortissimo era l'accentramento nella proprietà degli agrumeti di Siracusa, Agrigento e Palermo. Ora questa situazione va modificandosi. Come nella sua onestà ebbe a dire una volta, il 27 febbraio 1894, alla Camera, il conservatore Di San G-iuliano (che pur era nobile, siciliano e grande possidente) « il proprietario siciliano dei latifondi, massime se appartenente alla nobiltà, è troppo sovente un parassita e un ozioso>>. Aggiungeva egli però che questo nobile << non è uno sfruttatore», ma, di solito, d'animo buono, cortese nei modi; e che << in Sicilia l'odio dei contadini non è verso il proprietario dei latifondi >>.In questo giudizio è ½utta la chiave della mafia e della situazione siciliana. Chi s'arricchisce con i frutti dei terreni, chi sfrutta s_e11zapietà mezzadri e braccianti, è colui che, in un acuto scritto (7 ), Giuseppe Salvioli, circa 60 anni fa, definì il vero co11tinuatore del feudalesimo: il << gabelloto », colui che fitta dal barone, dal principe, un << feudo »; e poi lo fa lavorare, o addirittura lo subaffitta, senza coltivarlo. Dal censimento del '36 risultano ( 7 ) Giu SEPPE SALVIOLI: << Gabello ti e contadini in Sicilia nella zona del latifondo» in << S. F. Romano - Storia della questione meridionale ». (Pantea - Palermo). [102] Biblioteca Gino Bianco
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