siastiche, D·on Calò pagasse sempre un tributo formale di pietà: per grottesca che possa apparire la cosa, diceva infatti pubblicamente il rosario. · Ogni sera, se si trovava a Villalba, bastava uno sguardo del fratello canonico e Don Calò, impugnato il rosario recitava, anche lui con gli altri familiari le litanie. Solo quando il canonico dava, con un altro colpo d'occhio, il consenso, Don Calò si levava. Da bambino, Calò aveva rivelato però vocazioni piuttosto incompatibili con lo studio. Avendo peraltro mostrato una particolare attitudine nelle cure della azienda agricola, il padre non 'lo ma11dò più a scuola dopo la terza elementare. In un primo tempo, durante la giovinezza, Don Calò visse fra i contadini, partecipando anche al movimento dei « fasci >>siciliani. In seguito, egli, sempre ufficiosamente come era sua abitudine, senza mai prendere in pubblico posizioni nette, aderì al fascismo. Avvalendosi abilmente del vuoto creato intorno ad alcuni grandi agrari, i cui fondi nessuno osava chiedere in affitto sapendo del veto di Don Calò, acquistò per una somma irrisoria tre « feudi » dell'ampiezza di migliaia di « salme » (la misura locale equivalente a 3 ettari); poi, senza guadagnarvi un centesimo, lottizzò i terreni e li distribuì ai contadini del Nisseno affamati di terra. Non è che Don Calò avessL.donato le sue terre; ma aveva giustamente calcolato, secondo la tecnica della mafia, quale grande popolarità gli sarebbe derivata da tutta la vicenda. Alla conclusione di essa, se avesse voluto, avrebbe potuto presentare la sua candidatura alla Camera e riuscire trionfalmente. Ma Don Calò ringraziò per le offerte, le declinò, e si dette invece a « consigliare » gli elettori. Dia allora, fino alle ultime competizioni di questo dopoguerra, è stata questa la sua tattica permanente: rimanere nell'ombra, non esporsi mai, canalizzando i voti verso persone di fiducia, di vari' partiti, nelle diverse circoscrizioni. La maggior delusione di Don Ca/,ò fu Mussolini. Nel '22 lo aveva <<fiancheggiato», partecipando a molti colloqui con il futuro dittatore e con donna Rachele, spesso invitato a pranzo. L'aiuto di Don Calò al fascismo giunse fino a finanziare la colonna di « squadristi » partecipanti anche dall'isola alla « marcia su Roma>>. Senonchè, venuto il tempo della lotta tra fascismo e mafia, narrata poi da Cesare Mori nel suo libro Con la mafia ai ferri corti (Mondadori), Don Calò si vide impacchettato con tanti altri, e spedito per cinque anni al confino di polizia in un piccolo paese della Biblioteca Gino Bianco
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