l'ANSA, fu << il più alto esponente della onorata società, il depositario di tanti oscuri disegni e criminosi segreti, la mente organizzatrice di tante imprese ... ». Questi fu l'uomo i cui funerali sono stati così impopenti, che se ne parlerà a lungo fra la gente dell'Isola. Si pensi che Villalba, un paesetto di 5000 abitanti, nel cuore della Sicilia più arsa e deserta, a 54 km. dal prefetto di Caltanisetta, vide improvvisamente raddoppiare la sua popolazione, tanta era la folla di parenti, amici, conoscenti, venuti dai vari centri; durò alcune ore la sfilata delle corone che, come appariva dai nastri, erano state telegraficamente commissionate non solo dalla Sicilia, ma anche da città e, a volte, da piccoli villaggi del Nord, Centro e Sud America. Dietro il feretro v'era anche quel Beppe Genco Russo, facoltoso agricoltore di Mussomeli, un tipo dal volto di bulldog duro e sanguigno, che, secondo la voce pubblica, riportata da tutti i quotidiani italiani di ogni tendenza, sarebbe il nuovo, energico capo dell'organizzazione. Nel congedarsi, dopo i funerali, Beppe Russo, certamente alludendo a ciò che si dice di lui, esclamò, un po' scherzando e un po' sul serio che, se lo si riteneva il successore di Don Calò, ebbene, << poichè Don Calò era un gran galantuomo », egli non poteva che sentirsi onorato di questa designazione. Ben pratico di taluni ambienti dell'emigrazione siciliana negli Stati Uniti, dove ha trascorso qualche tempo in gioventù, Giuseppe Genco Russo ricopre importanti cariche: fra l'altro, è componente del consiglio .d'amministrazione del 1Consorzio di Bonifica dei fiumi Platani e Tumorrano (forse è questo il Consorzio del quale sarebbe opportuno sciogliere subito il consiglio di amministrazione e nominare un commissario; facendo chiaramente intendere ai consorziati che potranno scegliersi degli amministratori solo il giorno in cui si dimostreranno disposti a eleggere uomini che non hanno nulla a che fare con la mafia, nè per quello che avviene, nè per quello che « si dice >>). Intanto, pur sepolto Don Calò, di lui si continuerà a parlare per lungo tempo. Era nato, settantasette anni or sono, da Beniamino Vizzini, un agricolotore agiato sposatosi a una Scarlata la quale, con la sua cospicua sostanza, accrebbe il censo della famiglia. Dei figli era il primogenito. Seguivano: Salvatore (il canonico tuttora vivente) e Giovanni, oggi defunto, anch'egli sacerdote, che giunse alla carica di Vicario generale di Monsignor Scarlata (fratello della madre di Don Calò), vescovo di Muro Lucano. Sembra che, a queste parentele eccle- [73] Biblioteca Gino. Bianco •
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