Nord e Sud - anno II - n. 12 - novembre 1955

I - a vestire l'abito del fanatico, così smarrito, modesto e quasi vergognoso d'aver ragione, da assumere un alto e complesso significato morale: è solo in lui che il moralista e l'umorista hanno perfettamente coinciso. Degli altri, Don Giovanni è - come facevamo notare - un abbozzo felice, che si perde nella seconda parte del romanzo; il bell'Antonio e Paolo il Caldo, e specie il secondo (9 ), sono come spettatori un po' incolori della vicenda che si svolge intorno a loro e per loro; e quando si allontanano dal teatro naturale di questa vicenda, dalla vecchia Catania, le loro fisionomie sfumano del tutto. Non ci sono pagine più scialbe e generiche - è stato scritto giustamente (10 ) - di quelle che Brancati ambienta a Milano, nel Don Giovanni in Sicilia, o a Roma, negli ultimi due romanzi (ma specie in Paolo il caldo, aggiungiamo noi, laddove - e segnatamente nella lunga descrizione del salotto letterario - l'intento satirico si adagia senza scampo in un macchiettismo di maniera). Quando l'antieroe di Brancati, che è latore di tutte le sue ragioni morali, di tutte le sue complicazioni psicologiche, viene meno, o si affievolisce - e non è caso raro - non resta di suggestivo che il paesaggio, in quella nostra complessiva accezione di memorie, di luoghi, di uomini. E se di lui non si ricorderà molto, come narratore, ciò sarà da attribuire alla stanchezza del suo personaggio unico, riprodotto fino all'estenuazione, in cui ( 9 ) A questo proposito, e per una visione complessiva dell'opera brancatiana, cfr. Simone Gatto, Il personaggio di Brancati (lettera al Direttore), in Lo spettatore italiano, a VIII, n. 9, settembre 1955. Per quanto si riferisce alla esagerata ed affettuosa supervalutazione di Paolo il caldo ad opera di Alberto Moravia concordiamo pienamente col Gatto nel non condividerla, fatte salve certe pagine e certe figure che verremo notando nel corso del presente articolo (tra le quali parti riuscite vorremmo indicare larghi brani dell'infanzia e della giovinezza siciliana di Paolo, compreso naturalmente l'idillio con Giovanna): romanzo di crisi e di ricerca, ci pare che Paolo il caldo neppure preannunzi qualcosa di sostanzialmente nuovo cui tale crisi e tale ricerca avrebbero, in seguito, condotto il narratore siciliano. Quanto alla formula del << gallismo », cui pure si riferisce il Gatto nella sua acuta lettera, noi la consideriamo infruttuosa ai fini della concezione unitaria del protagonista e della costruzione unitaria del romanzo brancatiano; ma come un ingrediente felice 1 ed insostituibile nei limiti in cui essa fa parte della vecchia Sicilia brancatiana e delle sue figure umane, senza volere ergersi a simbolo n1.orale necessariamente invadente ed estratto. (1°) Alberto Moravia, art. cit. Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==