Nord e Sud - anno II - n. 12 - novembre 1955

<< le ore del pomeriggio perchè le aveva dormite >> ( ed era adagiato e blandito, in questi placidi abbandoni pomeridiani - sua predominante attività casalinga - dalle cure unanimi e dal passo felpato di tre sorelle nubili, docili e squallide), si è dunque abbattuta questa ossessione psicologica, questo morbo isolano dal quaJe unicamente nasce il suo risalto umoristico: la donna. Il pirandel]ia110 << sentimento del contrario>> si impossessa allora de1l'antieroe brancatiano: pur avendo sortito dalla natura o dal caso il ruolo del seduttore, « Giovanni Percolla a trentasei anni non aveva baciato una signorina per bene » : « se la sua esperienza del piacere era enorme, quella delle donne era poverissima». E il piacere, il vero piacere, surreale, casto e frenetico, era quello di starsene annidato nella farmacia o nel caffè in piazza con due o tre amici, e lanciare all'unisono urla gutturali al passaggio delle belle donne ( << per belle intendevano grasse, •più alte di loro, e di passo ve1oce»), o percorrere le vie di Catania addormentata narrando a mezza voce scene mai verificatesi, voluttà mai provate sospiri mai uditi ( << Giovanni, in amore, tu sei un dio! »), e ritrovarsi poi in preda a passioni da collegiale, pure, folli, disp,erate. La Sicilia che accompagna le varie incarnazioni dell'antieroe - di cui Giovanni Percolla è il capostipite - è una creazione letteraria più che una descrizione puntuale; è librata tra memoria e fantasia. E' qui che la « difesa . strenua non solo dei costumi del borghese, ma anche delle sue abitudini ed usanze, dei suoi vestiti, dei suoi baffi, dei suoi bastoni >>, di cui Branca ti . parlava come di un antidoto alla rettorica ginnastica del fascismo, si rivela molto di più che una mera formula polemica (alla '.Longanesi, p-er intenderci); è qualcosa che risponde a delle predilette immagini infantili che lo scrittore ama inseguire e reinventare. La sua Sicilia è un paesaggio che spira << una saggezza vecchio stile », ad onta della rumorosa frenesia dei suoi abitanti, e rievoca un tipo di vita così lontano nel tempo che Brancati - stando ai dati anagrafici -:- ha potuto soltanto sfiorarlo. In questa nube dell'infanzia, i paesaggi e i sentimenti acquistano man mano dei contorni precisi, dietro la fantasia che li ricalca: << Io ho l'abitudine di sorvegliare continuamente la mia memoria e contare ogni sera i miei ricordi come . l'avaro conta i suoi marenghi, e la notte svegliarmi per paura che me ne manchi uno ... >> (4 ). Il desiderio di sognare e narrare di un'isola ormai ( 4 ) I piac~ri (Milano, Bompiani, 1943), p. 7. BibliotecaGino Bianco I

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