di dittatura, perchè proibisce le critiche contro di n·oi » (p. 149); o!' ancor più desolatamente: « Non meritiamo i figli. Attraverso il nostro mestiere, essi crederanno il mondo diviso in buoni e cattivi e noi dalla parte dei buoni. Oggi basta infierire contro qualcuno per farsi comprendere tra i giusti. Quindi nessun·o più giusto di noi. » (p. 186); « ••• tra tutti gli uomini, noi siamo i meno liberi e perciò odiamo la libertà degli altri» (p. 188). È 1ecito credergli sulla parola? Oppure c'è più verosimilmente da ritenere che quella iniziale « insecuritas » venata di scontento e ingigantita dalle asperità di una natura non proclive ai compromessi ed agli opportunismi, abbia contribuito, alla fine, a fare di ogni pelo un trave, ed a stendere, sui fogli del Diario, tinte più tenebrose di quanto non fosse ragionevole e prevedibile, magari da parte dell'autore medesimo? La risposta, su'l piano estetico, è contenuta nella stessa validità e sincerità di tante e tante pagine, nelle quali all'imperio del moralismo ap·ocalittico, per cosi dire, del Troisi (che rischia di diventare, alla fine, un po'. freddo e consuetudinario) f~ vivace contrasto una reale ed insolita felicità di narratore. È la seconda chiave del 1ibro, e la più sorprendente e risolutiva: di fronte alla .appassionata vena des·crittiva di cui il giudice si dimostra dotato, quello che, visto sotto altra luce, può sembrare gratuitamente cinico, cambia fisionomia. La rigida enunciazione degli stati d'animo, che sono sempre analoghi, si umanizza e giustifica nella narrazione del lavoro quotidiano, in cui personaggi ed eventi vengono presentati in una guisa del tutto nuova, con una formula che della attività giudiziaria si sforza di riprodurre esattamente lo stile, la mentalità. Confessioni che si immaginano riprodotte nella lettera medesima in cui furono redatte dai colpevoli, verbali di interrogatori, rapporti dei carabinieri, deposizioni di testimoni, sentenze: tutto un complesso di brani narrativi che si alternano offrendo l'illusione di trovarsi di fronte ad un materiale di prima mano, e de1le -passioni crude e reali. La massa dei testimoni, degli imputati, dei condannati, che circola attorno alle ansie ed agli scrupoli del magistrato, è dunque la vera rivelazione del libro. Nel rappresentare i su·oi colleghi e nel cogliere l'infingarda teatra'lità degli avvocati, il Troisi ha avuto un compito più spedito: nel primo caso ha attinto direttamente al suo insaziabile moralismo, che ha dato alla descrizione una tinta unica (tutti magistrati opportunisti, disinvolti nel giudicare e preoccupati solo di far carriera), nel secondo caso ha potuto attenersi ad un modulo diventato di .uso consueto: quello del « paglietta » meridionale, esoso, cerimonioso, urtante. Gli altri, invece, i succubi, i giudicati, hanno ognuno un volto ed ognuno un dramma, analogo e diverso: reati e delitti sessuali, in preva- [59] Bibloteca Gino Bianco
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