Nord e Sud - anno II - n. 11 - ottobre 1955

un lato la prosa da diario intimo, che accompagna i moti di una coscienza fin troppo esacerbata e solerte, la quale gode a confessarsi a singhiozzi, e giuoca di virtu·osismo psicologico a tema fisso (il Tribunale, la Legge, le sentenze, le condanne, gli imputati), e fruga e scava in sè stessa con una sorta di compiacimento non sempre ben dissimulato, e sembra intenta allo scopo di crocifiggere in effigie l'autore del diario, di vituperarne la funzione sociale, di bollarlo d'indegnità, cinismo, leggerezza. E questo è il senso che circola in tutto il libro e ne unifica e salda gli episodi particolari: un disperare assoluto dell'autore in sè stesso e nella giustizia, di cui egli è espressione e tutela. Disperazione che - si badi - non assume le fosche tinte del cinismo sociale (anche se talora sembra sfiorarlo) solo perchè vi si scorgono costantemente le tracce di una concitazione sincera, di una reale e genuina e dolorosa ossessione psicologica. L'autorequisitoria del Troisi posa in definitiva su una costante cc insecuritas » dell'uomo di fronte ad un compito eh' egli ritiene troppo gravoso per le sue forze: ma il dubbio e lo scrupolo gli prendono la mano e si esprimono molto spesso ' con le più recise parole dell'abbandono e della rinunzia. Sorretto e s·ospinto dalla sua stessa sensibilità e perizia di scrittor~, che lo conducono con mano ferma sulla strada delle ansie esistenziali, il Troisi gode a mimetizzare se stesso in quell'ambiente di sentimenti meschini che spregiudi- · catamente analizza, e che dice di disprezzare fino alla nausea; e in definitiva si dipinge - ne siamo certi - molto peggio di quello che è. Ma nondimeno, certe espressioni sono tali da lasciare interdetti. Crudo, automatico, disincantato vi'lipendio di sè, come di astuto usurpatore di una funzione creata per dare dolore agli altri, strumento consapevole di una strana vendetta: cc Sono riuscito a salire su un albero 1 per colpire la gente che passa sotto. Presto proverò gusto a centrarli, senza trascurare il piacere di lasciare indenne qualcuno, per goderne la meraviglia» (p. 29); « ••• l'aula d'udienza è 'la torretta da cui prendo la mira » (p. 20); « sospetto \ di essere strumento di vendetta, a volte della vendetta di un uomo contro un altro uomo, a volte del cosiddetto stato contro il resto degli uomini, inermi » (p. 49). Altra volta è il senso della cricca a prevalere, in questo pessimismo autolesivo di cui il diario è intriso. Sulla massa desolata ed ignara dei colpevoli si leva, rispettata, mafi·osa, gesuitica, una falange di cc eletti » : « scegliamo questo mestiere per la tendenza a scavarci un riparo vivendo con i forti, per una vocazione all'impunità; la compassione che talvolta proviamo è forse solo un calcolato disegn·o, una regola di prudenza » (p. 116); « a noi interessa avere sempre una 'legge da applicare e non importa di che colore sia. Forse siamo tutti favorevoli a u,11 regime [58] Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==