Un giudice del Sud I lati più singolari, dolorosi o farseschi, dell'aspetto « giudiziario » del Mezzogiorno, Ii abbiamo visti più volte, in questi anni, accennati e commentati in opere cinematografiche di varia qualità (da In nome della legge ai più recenti, e meno profondi, fi'lm-commedie), o, più di rado, in tentativi letterari, ora in chiave prevalentemente umoristica, ora con più scoperte ambizioni o pretese di indagine sociale. A prescindere dai risultati cui volta a volta ha condotto, tanto interesse si spiega: nei paesi del Sud ogni norma codificata del vivere civile sembra assumere un senso problematico, la legge tingersi di uno scettico stupore, di una incredulità che non coinvolge questo o quel caso singolo, ma 1a generale validità, giustezza ed efficacia del giudizio di un uomo sui propri simili: che viene tacitamente ricondotto alle dimensioni di un gioco passionale, come tutti gli altri giudizi. Il rituale della Giustizia, la vita di una piccola pretura di paese o di un tribunale periferico di provincia, diventano così specchio fedele di come il meridionale esprima il proprio rapporto di individuo con lo Stato: un campionario cioè di tutti i vari gradi e legami attraverso i quali egli si sforza di rendere umano e comprensibile il suo incontro con la macchina burocratica che punisce i cattivi. Ce n'è fin d'avanzo perchè un magistrato che, come Dante Troisi, abbia spirito di scrittore vivace ed avvertito, e sia per di più consapevole di tutto il repertorio morale della letteratura contemporanea (con le sue ansie, 'le sue amarezze, le sue esagitazioni), riesca a fare del suo Diario di un giudice (Torino, Einaudi, 1955) un pr~ntuario colorito di « occasioni » giudiziarie e di rilievi umani, meridionali, ricchi di indubbio mordente. Onde mette conto farne oggetto di un breve discorso. Il teatro della tormentata routine che si versa nelle pagine del Troisi è la semidiruta Cassino, o, più precisamente, il suo Tribunale: « un tribunale situato a metà strada tra due grandi città », Roma e Napoli, e perciò « sede di ripiego per chi non può andare nell'una o nell'altra». Nell'aria di una ci~tadina di provincia ancora squallida e dolorante come un vasto campo minato, residuo di altri tempi, e popolata da una plebe conta• dina che si sforza di riprendere a vivere, tumultuosamente, sotto gli occhi della Giustizia; tra l'aula delle udienze, 'la sala del consiglio, gli ambulacri del tribunale pieni di avvocati pletorici, avidi, farseschi e di povera gente smarrita, di strette di mani e complimenti e adulazioni; tra la retorica dei patroni, le suppliche degli imputati ed i muti sguardi ignoranti dei condannati, il talento del Troisi fa le sue prove maggiori in due direzioni diverse, ma molto spesso concomitanti, con inimitabili effetti. C'è infatti da [57] Bibloteca Gino Bianco
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