L'indagine sulle condizioni di vita dei nostri lavoratori nel Belgio conferma, infatti, con carattere di più immediata evidenza, le nostre lacune organizzative ed i conflitti di competenza fra le nostre amministrazioni centrali; mentre l'abulia dello Stato, a tutto vantaggio di enti ed organizzazioni che con lo Stato non hanno nulla a che vedere e che troppo spesso invadono le funzioni dei suoi organi, sostituendosi ad essi, è dimostrata da episodi del genere ora ricordato. Esiste, del resto, in tema di lavoro italiano nel Belgio, un interessante documento ufficiale, costituito dalle dichiarazioni rese alla stampa dal Sottosegretario on. Dominedò, in seguito all'annuncio di una nuova sciagura mineraria. Ne riportiamo la parte essenziale, quale risulta dal Notiziario dell'Emigrazione, edito dal Ministero degli Esteri. << Il flusso del lavoro italiano - ha dichiarato il Sottosegretario - nelle miniere del Belgio si è andato intensificando nel dopoguerra sino a raggiungere l'attuale (nov. 1954) punta di oltre 50.000 nostri lavoratori. Di pari passo è stato condotto e si conduce ogni doveroso sforzo per la difesa dei connazionali all'estero. E ciò attraverso la realizzazione di più tappe: la parità dei diritti economici e sociali; la graduale sostituzione di vecchi alloggi a carattere collettivo con altri moderni a carattere familiare; il miglioramento qualitativo e quantitativo dell'apprendistato, portato sino a 12 giorni, di cui 9 fuori miniera e 3 dentro; la partecipazione di lavoratori italiani alla commissione di vigilanza per la tutela della vita umana ». Vogliamo tralasciare di proposito quest'ultima platonica e quanto mai inutile soddisfazione di partecipare ad una commissione che tutela retrospettivamente, a posteriori, la vita umana, ed esaminare, invece, attentamente, le precedenti dichiarazioni. Nel loro insieme esse costituiscono, infatti, a nostro giudizio, una ben grave e pericolosa ammissione; esse contengono il riconoscimento più esplicito che, dal 1948 - anno in cui l'emigrazione italiana nel Belgio iniziava il suo grande sviluppo - al 1954, non si era riusciti ancora ad ottenere, per il nostro lavoratore, nè la parità dei diritti economici e sociali con gli altri operai, nè la disponibilità di alloggi adeguati alle pur modeste esigenze dei nostri lavoratori. Eppure l'Accordo di emigrazione parlava, e molto esplicitamente, di « logements convenables » I Infine è chiaro, da quanto ha dichiarato l'On. Dominedò, che i nostri emigranti non venivano sottoposti ad un ragionevole periodo di apprendistato. Non vi è infatti chi non veda come lo stesso periodo di 12 giorni, che già tuttavia rappresenta un miglioramento rispetto al precedente, sia assolutamente inadeguato a far acquisire al manovale quelle indispensabili nozioni tecniche che lo rendono atto al lavoro di fondo miniera e che costituiscono, per il medesimo, un forte coefficiente di sicurezza nel lavoro. In sostanza, la maggiore autorità italiana in materia di emigrazione accenna, nel 1954, ad un programma di realizzazioni da attuarsi gradualmente, mentre esso avrebbe dovuto costituire non un obbiet- [53] Bibloteca Gino Bianco
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