Nord e Sud - anno II - n. 11 - ottobre 1955

stenza dei consorzi di bonifica; trovan,do così argomenti per portar acqua al mulino degli Enti di riforma, che, nella loro comprensibile visione, dovrebbero diventare strumenti di efficace risoluzione del problema. In un articolo su La, Stampa del 12 agosto, con lo stesso titolo di questo che vado scrivendo, ho cercato di dimostrare l'assurdo di questa tesi, ma l'argomento è di tale importanza che merita qualche considerazione in più di quelle che possono materialmente raccogliersi in un articolo di giornale. La prima e più importante è app·unto quella contenuta nell'inizio di questo articolo. · La bonifica è un'operazione delicata e complessa proprio perchè - almeno nel Mezzogiorno - è un'attività, per così dire, contro natura, una costruzione contro corrente. È. stato più volte dimostrato come le forze economiche in atto, i rapporti contrattuali esistenti, le molte incertezze tecniche ed economiche abbiano per decenni agito, nei comprensori latifondistici meridionali, nel senso di mantener le cose come stavano, o in quello di una lenta e non sempre positiva evoluzione degli ordinamenti fondiari e agrari. Fin da quando s'è cominciato, perciò, a parlar seriamente di bonifica , nel Mezzogiorno - ai tempi di Arrigo Serpieri, Eugenio Azimonti, Antonio Sansone, Antonio Bianchi - si è visto che occorreva condurla avanti con la visione unitaria, l'energia e la continuità con le quali soltanto si vincono le grandi battaglie dirette a soggiogare la natura e il secolare andamento delle cose umane. Viceversa, l'azione concreta è rimasta negli an11i caratterizzata da quell'andamento discontinuo, del quale sopra si faceva cenno e dal quale naturalmente hanno tratto .una insperata possibilità di difesa le forze più retrive tra i proprietari meridionali, ma anche - ed è più grave - hanno tratto ragione di continue delusioni e disperazioni le forze più capaci e progressive della stessa e di altre categorie sociali. La politica della bonifica nel Mezzogiorno ha bisogno di chiarezza e principalmente di continuità di direttive e di applicazioni delle stesse. Senza questa continuità non bastano nè la larghezza degli stanziamenti accordati, nè la rapidità di realizzazione dei programmi di opere pubbliche, nè la larghezza dei contributi statali alle opere private di trasformazione. Questa continuità è mancata sotto il fascismo, prima, malgrado la ininterrotta continuità del regime; e in regime democratico, poi, malgrado la ininterrotta gestione della politica agraria da parte di uomini di Bibloteca Gino Bianco

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