Nord e Sud - anno II - n. 11 - ottobre 1955

• nerale (come proponeva Bobbio), quanto nel << non svalutare la cultura co- - me tale a vantaggio della politica». Ma, di grazia, chi ha sempre sostenuto che la cultura fa una cosa sola con la politica, è, anzi, quasi l'ancella della politica? Chi per scelta dottrinaria e politica insieme ha sempre preteso la coincidenza totale di queste due attività spirituali, fino a ridurre l'arte, la filosofia, la storiografia a strumenti di una battaglia politica e a campi di battaglia politica? Non si sono, forse, i comunisti sempre serviti delle cose della cultura come di parole d'ordine, fino a generare, ancor più che ì'irritazione, il fastidio in coloro che li ascoltavano o li leggevano? Se, dunque, quest'ultima loro proposizione, della necessità di una << distensione » ideologica, vuol dire che, avendo finalmente inteso i .grossolani errori che erano nelle posizioni assunte nel passato, essi fanno o faranno ammenda onorevole di tutte le falsificazioni e le sciocchezze di cui si sono vantati fino ad oggi, per noi codesta << distensione » ideologiça è la benve- , 11uta. Salva naturalmente una riserva naturale e legittima in chi abbia avuta pratica delle medicine che gli intellettuali organici hanno tentato di somministrarci fin qui: noi ci riserviamo, cioè, di giudicare le loro intenzioni dai fatti. E poichè in questa materia i soli fatti che c9ntano sono i libri, ci riserviamo di giudicarli dai libri. Nella proposizione con cui Norberto Bobbio concludeva il suo inter- ,~ento ( << mettiamo da parte le discussioni generali e scriviamo dei libri:· vedremo dopo chi avrà scritti i migliori libri >>) v'era un'esigenza giusta. Dopo tutto, lo ripetiamo, i soli documenti che vi siano o meglio ai quali bisogna far ricorso quando si vuole parlare di cultura sono appunto i libri: le tendenze, le esigenze, le istanze rischiano di restare dei meri velleitarismi quando non si incarnano nel lavoro concreto. Ora, dal momento che si parla della cultura italiana degli ultimi dieci anni, non sembra che sia modo migliore di farlo di quello che analizza il lavoro concreto che è stato fatto in questi dieci anni. Se il criterio è valido per i prossimi due iustri dev'essere valido anche per i due lustri passati, e la domanda precisa · che dobbiamo porci è la seguente: tra il '45 e il '55, al di là delle discussioni generali e programmatiche - che hanno tuttavia la loro importanza e che non si possono cacciar via troppo semplicisticamente - chi ha scritto i << libri migliori»? Poichè i nostri comunisti danno per morta la cultura. storicistica e affermano che al suo posto s'è insediata quella marxistica, se si vuole giudicare sui fatti e non sulla fede delle parole altrui, ci si deve chieBibloteca Gino Bianco . .

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