Nord e Sud - anno II - n. 11 - ottobre 1955

fluenza della scuola positivistica attraverso (e anche qui ci limitiamo ad un sol caso di nostra specifica competenza) Gaetano Mosca? E chi ha, finalmente, introdotto Marx nel circolo della vita culturale italiana? Forse i sindacalisti e socialisti del Nord? È appena necessario avvertire che queste osservazioni non si fanno per difendere Croce o per mostrare le sue benemerenze culturali, e meno ancora per malinteso spirito di meridionale che si senta oltraggiato; ma solo per tentare di mostrare i limiti della motivazione storica del giudizio che Bobbio dà sulle vicende della cultura contemporanea. Ora, per tornare a questo giudizio, sembra a Bobbio che nulla di quel che si doveva fare sia stato fatto: << ciò di cui avevamo bisogno era di assimilare (o riconquistare) nuove tecniche di ricerca, dalla logica simbolica all'analisi del linguaggio, dalla psicologia del comportamento alla sociologia sperimentale, dalla sociologia della conoscenza alla storia sociale delle idee, e di rompere il dominio delle tecniche in cui eravamo avviluppati e che erano diventate giochi di bambini spensierati ». Abbiamo, invece, continuato a gingillarci con simili giochi, a gloriarci della nostra maturità speculativa e della nostra presunta superiorità sugli altri paesi nelle discipline 111orali,siamo restati provinciali. V'è, forse, un certo pericolo ad adottare questo metro di giudizio: v'è, dopo tutto, anche un provincialismo dell'anti-provincialismo, e Bobbio sa benissimo che non sempre l'attitudine a cogliere le nuove correnti culturali straniere è segno di maturità e di serietà jntellettuale. Comunque ciò sia, io non so se gli scrittori italiani di filosofia 1neritino questo rimprovero; ma se dovessi giudicare dagli studi italiani di storia della filosofia umanistica e rinascimentale, coi quali ho qualche dimestichezza, dovrei dire che questo del provincialismo mi pare un riml)rovero quasi del tutto immeritato. E dovrei anche considerare immeritato lo stesso rimprovero per gli scrittori italiani di storia, coi libri dei quali ho ugualmente qualche dimestichezza, non fosse altro che per dovere prof essionale. Devo confessare anzi (e prego Bobbio di farmi l'onore di credere che non si tratta di ' boria delle nazioni ') che mi è avvenuto spesso di constatare che studiosi stranieri, anche assai seri e preparati, ignorassero abbastanza spesso la bibliografia italiana sul loro argomento o che la ricordassero senza averla a volte neppure scorsa, anche quando potevano trarne giovamento per le loro ricerche. E devo confessare, altresì, che assai più raramente mi è capitato di dover riscontrare analoghe ' ignoranze ' presso Bibloteca Gino Bianco

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