racconto, tali da non mutare la sostanza ideologica (nel corso di questa nota abbiamo potuto infatti citare, senza distinzione o contraddizione alcuna, brani tratti dall'una o dall'altra stesura): particolarmente felici, nel quarto capitolo di Vino e pane, le pagine, del tutto nuove, in cui si narra di un idillio campestre tra il protagonista ed una giovane con- , tadina, incontrata per caso presso un abbeveratoio per le greggi; << armonioso duetto » recitato mentre per i due attori << il gorgoglio del vino si confondeva con quello del ruscello », e concluso in una leggera e triste ebrietà. Impigliandosi nel fitto simbolismo di Vino e pane, l' << antiletterarietà » di Silone vi aveva svelato i suoi inconvenienti molto più chiaramente che in Fontamara, spingendosi a volte fino al limite della sciatteria e della approssimazione di linguaggio. La nuova stesura tiene dietro ad un notevole affinamento letterario dello srittore, particolarmente rivelatosi in Una manciata di· more; talchè basterebbe confrontare punto per punto le due edizioni - quella inglese del '37, e quella odierna - per rendersi conto del cammino percorso dal narratore in questi due decenni. Le cose più belle del romanzo si sono puntualmente sottratte a questa severa revisione. C'è un episodio riprodotto integralmente nel penultimo capitolo di Vino e pane, che ci parve fosse la pagina più sentita: un vecchio cafone, Murica, di cui la polizia fascista ha tormentato ed ucciso il giovane figlio, perchè cospiratore, accoglie in casa gli amici del ragazzo morto, dà loro da mangiare pane e vino, e parla di lui con aria ispirata Bibloteca Gino Bianco e distante, come in una parabola evangelica: << È lui - egli disse - che mi ha aiutato a seminare, a sarchiare, a mietere, a trebbiare, a macinare il grano di cui è fatto questo pane. Prendete e mangiate, questo è il suo pane. >> Altri arrivarono. Il padre versò da bere e disse: << È 1ui che mi ha aiutato a potare, insolfare, sarchiare, vendemmiare la vigna dalla quale viene questo vino. Bevete, questo è il suo vino. >> Gli uomini mangiavano e bevevano, e c'era chi bagnava il pane nel vino. Arrivarono dei mendicanti. << Lasciateli entrare » - disse la madre. << Può darsi che siano stati mandati per spiare », mormorò qualcuno. << Lasciateli entrare. È un rischio da accettare. Dando da mangiare e da bere ai mendicanti, molti hanno nutrito Gesù senza saperlo. » << Mangiate e bevete », diceva il padre ... ». Sono pagine di una poesia ardua e insolita, che recano in sè qualcosa della serena commozione di Fontamara. Filtrate tra le maglie di una tormentata riflessione ideologica, intercalate alla complessità di un diario spirituale, alla confessione di un'eresia, all'amarezza di una delusione, in Vino e pane esse trovano un risalto drammatico che non è facile attingere. Quello che Silone ha operato in seguito, dopo quel cruciale 1937, come letterato e come politico, appartiene alla storia della nostra democrazia postfascista; nè giova farne lunga menzione in questa sede. La sua testimonianza di apostata del Comunismo si è misurata e verificata nella realtà, vi si è riconosciuta e avvalorata; una profezia imbevuta degli sfumati colori del misticismo ha potuto di-
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