Pietro Spina: egli è un agitatore comunista, ma << l'azione rivoluzionaria è in lui una risposta alle tendenze di una unità collettiva, esigenza inculcatagli fin dalla prima infanzia dall'educazione cristiana ricevuta». Tornando dall'esilio, Pietro Spina rivede i luoghi della sua giovinezza; travestito da prete, si nasconde .alla polizia fascista nella campagna abruzzese, nella << conca del Fucino », tra i contadini della sua terra; tenta, benchè ammalato, di organizzare un'azione clandestina contro il regime. Ma dove la sofferenza ha affondato da troppi secoli le radici, incitare alla rivolta è vana fatica («Non credete che un giorno i grandi proprietari possano essere espropriati e le terre date ai poveri? Che il paese sia amministrato da uomini come voi? Che i vostri figli, i vostri nipoti nascano uomini liberi? '> « Conosciamo questo sogno - -disse Grascia - ogni tanto se ne sente riparlare. È un bel sogno, non ce n'è di più bello. » << Ma purtroppo non è che un sogno - disse Magascià .>> << Un bel sogno - disse Sciatàp. - I lupi e gli .agnelli pascoleranno insieme nello stesso prato. I pesci grossi non mangeranno più i pesci piccoli. Una bella favola. Ogni tanto se ne sente riparlare ... »). Il contatto del protagonista con la calma, primitiva, quasi fiabesca incredulità dei cafoni verso ogni tentativo di evadere la lor sorte antichissima, il progressivo sfatarsi, nella sua mente, delle tesi marxistiche di fronte a degli uomini che << sono più aperti a Gioacchino da Fiore che a Gramsci », i vari incontri che egli fa (Don Benedetto; Cristina, felice immagine, simbolica e reale insieme, di una Bibloteca Gino Bianco tradizionale, aristocratica religiosità; Bianchina, una fanciulla tutta carne e malizia, che è tra le figure più riuscite del libro; la massa, anonima e vivace, dei cafoni, << affamati ed assetati di giustizia », ma serenamente disperati, impenetrabili), il suo sacrificio finafe tra le montagne nevose d'Abruzzo, nel tentativo di sfuggire alla cattura, sono la storia di Vino e pane: che è vicenda autobiografica nel senso più alto. Vi si avverte per la prima volta, e con chiarezza, l'ansia di una revisione morale e dottrinaria, vi si individuano le tracce ed i motivi di una apostasia che fu una rivendicazione di libertà. Fontamara, scritto nel periodo immediatamente precedente l'espulsione dal P .C.I., era un libro ideologicamente indefinito, e ben poco indicativo, nella sua generica impostazione classistica, di un'evoluzione certo già in atto: il secondo romanzo di quest' evoluzione è il documento e lo specchio. È la prima, immediata descrizione di un travaglio intimo: la confessione dell'eresia. All'apostata tutti i termini, umani e politici, della società appaiono sovvertiti ( << dopo tutto quello che abbiamo sofferto... noi non possiamo più parlare di politica come gli altri. A rifletterci bene, essa è diventata per noi tutt'altra cosa>>): le due Chiese, la cattolica e la marxistica, sulle quali si fondavano le speranze degli uomini, hanno tralignato. La prima è diventata << una vecchia Chiesa ammuffita che vive di mance>>, e si è alleata ai. potenti; la seconda rischia di trasformarsi in << un'idea fissa, immobile, parassitaria, reazionaria », una burocrazia « che aspira al potere totalitario »: quando lo
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