Di fronte ai problemi del lavoro, della convivenza con gli altri, del• l'ordinamento della società, il contadino tradizionale si trovava quindi in una condizione ben diversa da quella in cui si trova l'operaio moderno, o qualunque altro moderno cittadino. Egli doveva, sì, saper fare diverse cose, vivere con gli altri, accettare duri rapporti di dipendenza; ma la sua era un'esperienza ripetuta nel ciclo degli anni, sempre la stessa e come tale trasmessa di padre in figlio. Per lui non si poneva un problema educativo staccato dalla quotidiana vita della famiglia e del villaggio, come è il caso dell'operaio, il quale deve affro11tare attività e situazioni quasi sempre nuove, estranee alla sua vita passata e all'esperienza familiare. I suoi processi di adattamento e quindi di educazione si sviluppavano, quindi, in modo spontaneo e continuo nell'unità della chiusa vita locale. Non so adoperare una terminologia che non mi è propria, perchè non sono nè un sociologo nè uno psicologo, ma penso che in questo appunto consista la caratteristica dei mondi contadini del passato, i quali, per questa stessa loro continuità e unitarietà, non erano mai mondi incolti, ineducati, ma, al contrario, educati e talvolta altamente educati, nei quali il processo educativo si realizzava all'interno della comunità familiare e del villaggio attraverso la tradizione, ossia attraverso un sistema di costumi, di abitudini, di credenze, di opinioni, di interpretazioni del mondo, che aveva spesso la compiutezza di una cultura, d'una civiltà, proprio perchè riferito all'intero ciclo della vita, e capace di arriccl1irsi e trasmettersi dall'una all'altra generazione. Naturalmente i mondi contadini erano diversi da caso a caso, da paese a paese e in una certa misura da epoca a epoca, ma questa loro caratteristica unitaria appariva così generale e distintiva da legittimare corrispondenti teorizzazioni e idealizzazioni. Quando nel secolo scorso si cominciò a considerare questi mondi contadini, queste società chiuse, con rinnovata attenzione, essi apparvero a molti immagini ideali di società perfette, perchè unitarie e organiche, sottratte alla scissione, tanto pesante altrove, tra lavoro e vita, tra vita ed educazione. A questa caratteristica della realtà e più ancora a questa sua idealizza- . zione si deve la persistente difficoltà nell'impostazione e soluzione dei problemi educativi dei contadini. Coloro che se ne sono, infatti, occupati, o hanno avuto tanto rispetto per la realtà da aver quasi paura di entrare in questo mondo in sè compiuto e di inserirvi gli elementi di una diversa edu- [59] Bibloteca Gino Bianco ,,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==