Nord e Sud - anno II - n. 10 - settembre 1955

A sos~egno della propria visione, ognuno afferra una macchina fotografica, si porta sul luogo in esame, ne scopre gli aspetti più « neorealistici » e li addita come esempi di obiettività, a lode propria ed a scorno dell'altrui bugia. Uno scrittore d'istinto - legato all'immediato sapore della sua pagina, al generoso colore dei suoi racconti e basta .- si fa critico e polemista, detta didascalie ad una serie di foto documentarie, scaglia anatemi contro tutti, perchè nessuno ha capito, o ha voluto capi~e, la « realtà ». · Ma che c'entra questo con la capacità, la vocazione, o la probabilità - da parte di alcuni individui nati a Sud del Garigliano - di scrivere buoni romanzi, buoni racconti? E, di più, in qual misura tali fumose dichiarazioni estetico-documentarie trovano una concreta rispondenza nei romanzi o nei racconti dei loro stessi autori? Do.po aver letto quattro o cinque « contributi » critici ed una inchiesta di Domenico Rea, tutti esortanti alla « verità » ( citiamo, tra gli articoli più recenti, quello su Prospettive meridio_naZ.i del giugno scorso, e l'inchiesta su çinema nuovo del luglio, in cui si ritorna, con tono più esplicito e martellato, sullo stesso tema dell'ottimo - non dal punto di vista critico - saggio sulle « due Napoli » nel volume Quel che vide Cummeo), qualche pignolo corre l'alea di scoprire più arcadia in qualche racconto di Rea - e pensiamo soprattutto al vecchio Tuppino, e ad Estro furioso, che è tra i suoi migliori - che, si licet, in qualche racconto o poesia del Di Giacomo; il quale pure appartenne ad « un'arte che non seppe scendere al cuore delle cose per dei precisi e ben gravi motivi », e pur proveniva da una delle « innumerevoli sfumature delle classi medie napoletane, assai pericolose e retrive ». Il vero inconveniente consiste, a nostro parere, nel fatto che, per via del crescente interesse politico e sociale, di cui è oggetto il Mezzogiorno, e sulle ali della monopolizzazione marxistica della narrativa meridionale (cui si tende, da parte opposta, a reagire con metodi analoghi), questi giovani scrittori vengano mensilmente sollecitati alla confessione. Chiunque abbia scritto un racconto, ha scritto per lo meno un saggio di esplicazione critica (in chiave polemica) dei canoni che ha seguiti nello scriverlo; i quali sono, a suo modo di vedere, gli stessi canoni che dovrebbero seguire tutti coloro che scrivono racconti: pena la « falsità ». Non ci risulta che molti scrittori meridionali si siano salvati da questa « chiamata a rapporto ». Qualcuno - e tra i più bravi, come narratore - è caduto .più malamente, nel difficile- sforzo di librarsi giusto a metà, tra estetica crociana ed estetica marxistica (« l'attuale narrativa meridionale si fa perdonare molti e gravi errori proprio perchè ha nel suo mondo intenzionale l'aspirazione al Bene e il passo che le resta da com- . [45] Bibloteca Gino Bianco

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