di capitali, nei quali, cioè, l'effetto di permanente occupazione è minimo. Mentre nel Mezzogiorno l'equilibrio economico potrà essere ottenuto ·solo se i lavoratori, oggi occupati per gli investimenti sociali, p·otranno essere trasferiti vers·o nuove attività. In proposito, rileva il Sttrvey, se le persone che precedentemente producevano beni locali rimangono nelle regioni in qualità di sottoccupati o disoccupati; e se l'accresciuta domanda nelle altre regioni in cui 'si intensifica il progresso tecnico non dovesse dirigersi verso i prodotti di esportazione delle regioni economicamente deboli, risulterebbe peggiorata la posizione di queste ultime. È pertanto necessario indirizzare verso le aree sotto- ~ sviluppate una quota più che proporzionale degli investimenti nelle più « dinamiche » industrie; le quali potrebbero inizialmente servire anche necessità che sorgono nelle aree più sviluppate cÌel Nord: in modo tale da collegare lo sviluppo delle aree sottosviluppate con quello delle aree già industrializzate. Comunque, quando si parla di ind11strie di tipo « dinamico », si allude anche alla raffinatezza tecnica che è propria di queste industrie. Infatti, con l'introduzione di sistemi tecnici molto progrediti, le nuove industrie potranno resistere alla concorrenza di quelle già affer1nate e impedire che un nuovo ristagno si verifichi in uno stadio successivo. Al fine di affrontare il problema della scelta di ·ottime ubicazioni delle industrie nel Mezzogiorno, è opportuno riferirsi ad una esperienza della politica di sviluppo economico che altrove si è dimostrata abbastanza efficace a provocare il desiderato equilibrio interregionale dell'attività produttiva. La politica di sviluppo regionale britannica si è fondata, in questo dopoguerra, sul principio di portare le industrie verso il lavoro piuttosto che il lav_o_ro verso le industrie; mentre nel periodo prebellico si cercò in Gran Bretagina di promuovere l'emigrazione dalle aree depresse verso quelle più industrializzate, politica che risultò scarsamente efficace (uno dei limiti del piano Vanoni ci sembra appunto quello di seguire più il modello inglese prebellico che quello postbellico). Il rapporto dell'E.C.E. mostra come è stata attuata questa politica di decentramento industriale in Inghilterra: « tutte le costruzioni industriali. che superavano una certa grandezza, sia nuove costruzioni che estensioni di quelle già esistenti, avvenivano su cer- . tificato rilasciato dal Board of Trade, ,in c11isi attestava che il luogo della costruzione si accordava con la necessità di attuare una certa distribuzione dell'industria. Il .rifiuto della licenza in un determinato luogo costringeva pertanto gli uomini di affari a cercare un'altra soluzione in una delle aree di sviluppo ». Queste misure, negative, furono integrate con incentivi posi,.. tivi diretti a rendere più convenienti gli investimenti industriali nelle aree sottosviluppate. Bibloteca Gino Bianco I • ., .
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