gionieri della loro formula: già subito dopo il 7 giugno, ma ancora di più dopo molti mesi di 'mano tesa' di Nenni, abbandonare la politica di alternativa socialista voleva dire pei dirigenti del P.S.I. ammettere ch'essa era stata un inganno e dare inizio ad una nuova triste storia, alla fine della quale, secondo l'immagine del Nenni 1922, difensore dell'autonomia socialista, il partito sarebbe stato liquidato sottocosto. Perciò la linea di autonomia fu confermata nel congresso di Torino del P.S.I. e perciò in Sicilia i socialisti si presentarono da soli, malgrado le insistenze comur1iste per un vasto fronte comune: e nel giugno 1955 furono i socialisti a guadagnar v·oti e i comunisti a perderne. Nel frattempo v'era stato il campanello d'allarme delle elezioni sindacali. Se non si possono trarre da queste indicazioni per eventuali elezioni generali è certo però che esse hanno un assai precis·o significato politico: il disagio delle élites operaie del Nord innanzi alla politica comunista. Tutto ciò è stato il drammatico sottinteso dell'ultimo Co·mitato Centrale del P.C.I. tenutosi a R·oma sulla fine di luglio. La sclerosi del partito è stata denunciata da tutti, da Longo a Pajetta a Togliatti; le critiche e le .autocritiche sono state espresse, conformemente allo stile di queste conferenze comuniste, con parole ovattate e perifrasi e allusivi giri di parole. Ma quel che è venuto fuori con sufficiente chiarezza è che il partito e i suoi quadri mancano di capacità reattive. Longo non ha esitato· a denunciare « la difficoltà a sviluppare un lavoro improvviso, imposto dalle circostanze » e le « debolezze e deficienze che si sono registrate nell'orientamento e nell'azione»; Pajetta ha sottolineato francamente che << le conferenze, le delegazioni, gli ordini del giorno e le petizioni appaiono qualche volta, invece che mezzi di mobilitazione e di preparazione, comodi surrogati dell'azione ». E tutti ÌJ!lsieme hanno convenuto •che il partito non può continuare a tenersi ad una « meccanica ripetizione », non può continuare a « ripetere stancamente quello che altra volta è stato fatto con successo e che oggi rappresenta invece una ripetizione fredda e burocratica », che le forme cons1..1ete di agitazione e di mobilitazione non servo,no più e che finalmente c'è bisogno di qualcosa di diverso e di nuovo. Questa spregiudicatezza autocritica lascia, tuttavia, negli osservatori politici, molti dubbi: poichè essa resta in superficie, non aggredisce il problema nei suoi termini essenziali, si limita a considerare i dati esterni della crisi, lasciando da parte le ragioni profonde di essa. La questone posta nei suoi veri termini non è ·organizzativa ma politica: se il partito e i suoi quadri mancano di capacità reattive innanzi agli avvenimenti, se si ripetono stancamente le vecchie formule ciò deriva in massima parte dal fatto che i dirigenti stessi del partito, posti innanzi al passivo crescente della loro politica BiblotecaGino Bianco
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