Nord e Sud - anno II - n. 9 - agosto 1955

1) Esiste oggi un gruppo internazionale composto di sette compagnie diverse - <<Standard>>del New Jersey, «Standard>> della California, « Gulf Oil >>,<<Socony Vacuum >>,« Texas Oil >>(americane), AngloIranian (inglese), Royal Dutch Shell (anglo-olandese) - che controlla oltre il 500/4della produzione mondiale di petrolio (le sette compagnie producono oltre 350 milioni di tonnellate di grezzo su 677.600.000 tonnellate complessive: i maggiori produttori non compresi nel gruppo, il Messico e l'URSS, danno rispettivamente 10 milioni di tonnellate e 45 milioni). I costi di estrazione del petrolio variano da paese a paese, a seconda ùel rendimento dei pozzi: negli Stati Uniti il rendimento medio dei pozzi è di due tonnellate al giorno, nel Venezuela di 23, a Ragusa •di 150, ad Alanno di 400 (ancora potenziale), nel Medio Oriente di 700 tonnellate. Qtuesto significa che in Sicilia il petrolio verrebbe a costare molto meno che negli Stati Uniti. Ma le sette compagnie adottano un unico prezzo di vendita, allineato con il costo più alto, in questo caso con quello americano. Cosicchè - argomentano gli statalisti italiani - se noi per1nettiamo alle compagnie straniere di assicurarsi i nostri giacimenti, esse ci rivenderanno il nostro petrolio a prezzo infi11itamente superiore ai costi reali e noi non ne avremo alcun vantaggio. Se l'Italia, ora che è ·diventata paese produttore di petrolio, vendesse a mezzo di monopolio statale il suo prodotto meno caro, anche sui mercati esteri, potrebbe rompere :' equilibrio del prezzo internazionale. Per questa ragione le compagnie straniere, che già controllano in Italia il 34% delle industrie di raffinazione e il 60% . della distribuzione al consumatore, cercano di accaparrarsi le fonti produttive. 2) L'attuale produzione di petrolio ··nel mondo supera il consumo. L'industria petrolifera è già entrata in fase di sovraproduzione e non ha quindi bisogno di nuoye fonti di approvvigio11amento. Inoltre nell'agosto scorso le sette compagnie stipularono con l'Iran un accordo, impegnandosi ad immettere sul mercato, nel giro di qualche anno, il grezzo di Abadan, nella misura di 69 milioni di tonnellate. Dunque, le stesse compagnie, una volta accaparrati i giacimenti italiani, li potrebbero tenere chiusi sotto chiave. L'On. Enrico Mattei, Presidente dell'ENI, in polemica con la Standard [60] l3ibloteca Gino Bianco

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