ridico largamente imperfetto. Dalla violenza con cui le o pposte parti si sono combattute è emerso evidente che le 200 o 300 lire all'anno in meno o in più al sanitario, e i « valori deontologici » della medicina erano la cosa che premeva meno a tutti; a cominciare dall'Ordine de i medici e dal suo presidente, il deputato monarchico on. Chiarolanza. Il gruppo dirigente dell'Ordine sa benissimo che questo è il periodo critico per la mutualità. I lavoratori subordinati sono pra ticamente già tutti coperti dalle assicurazioni obbligatorie di malattia. Adess o è venuto il turno dei lavoratori indipendenti, delle categorie che la mutualità obbligatoria finora non aveva mai preso in considerazione; aperta una b reccia per i coltivatori diretti, ora anche gli altri - artigiani, pescatori, piccoli commercianti, ecc. - premono per essere inseriti nel sistema. La mu tualità sta entrando in quella fase dopo la quale dovrà verosimilmente ceder e il passo alla sicurezza sociale, intesa nel senso più largo della parola. Se l'Ordine dei medici non riesce a difendere oggi certe posizioni, più avanti no n ci sarà niente da fare, se non subire la logica e paventata conclusione di t utto il processo: la 1nedicina socializzata, sul modello inglese. I pur lauti guadagni che alcune migliaia di professionist i tra i più valenti ritraggono - non senza frequenti abusi - dall'opera prestata al servizio degli Istituti mutualistici, non valgono a cancella re in essi il sentimento di una libertà perduta, e forse più ancora di un diminuito prestigio sociale, di un minor peso nella vita del Paese, di una minaccia ai concetti, consacrati dalla tradizione, che rivestono di belle apparen ze la libera professione e loro stessi. Non vedono, o rifiutano di ammettere, la realtà economica e sociale di cui il fenomeno della mutualità è espressione:, il fatto rivoluzionario di decine di milioni di cittadini che, coscienti di e ssere divenuti parte attiva della società, reclamano tra gli altri il diritto di po ter ricorrere al medico senza rischiare il disastro nel bilancio familiare. Sono questi gli stessi professionisti che parlano di « pletora » dei medici, alludendo al costante aumento dei laureati in medicina che si è avuto soprattutto dopo la seconda guerra mondiale; e che in larga parte è dovuto proprio al persistere del mito delle libere professioni e, nell'ambito di queste, della superiorità delle carriere « scientifiche ». I 65.000 medici che conta oggi l'Italia sarebbero senza dubbio « pletora » se si accettasse il punto di vista implicito nelle posizioni di uomini come l'on. Chia rolanza, e cioè che il numero « giusto » di medici sia quello determinato dalla libera richiesta della clientela che può pagare; ma appaiono invece appena sufficienti se messi in rapporto ai bisogni sanitari di tutta la popolazione; e diventano anzi condizione sine qua non per lo stesso sviluppo dei servizi sanitari sociali. Solo su questa « pletora» si potrebbe puntare per un programma di razion ale redistribuzione di tutti i servizi sanitari che si proponesse a nzitutto di colmare [39] Bibloteca Gino Bianco
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