Nord e Sud - anno II - n. 9 - agosto 1955

negare la presenza di questi nomi dietro Rosso Malpelo o / el1: 1:l pastore: <<Sapendo che era malpelo, ei si acconciava ad esserlo il peggio che fosse possibile >>. <<Se ti accade di dar delle busse procura di dar le più forte che puoi; così coloro su cui cadranno ti terranno per da più di loro, e ne avrai tanti di meno addosso». <<Le idee non gli venivano nette e filate l'una dietro l'altra, chè di rado aveva avuto con chi parlare e perciò non aveva fretta di scovarle e distrigarle in fondo alla testa». « Jeli allora sgranava gli occhi, e stava tutto orecchi se il signorino si metteva a leggere, e guardava il libro e lui in aria sospettosa, stando ad ascoltare con quel lieve ammiccar di palpebre che indica l'intensità dell'attenzione nelle bestie che più si accostano all'uomo. Gli piacevano i versi che gli accarezzavano l'udito con l'armonia di una canzone incomprensibile ... ». Sono incontri un po' misteriosi, d' accordo; ma forse ci si può ricordare del Borgese, quando in una prefazione alla Chartreuse di Stendhal, affermava che ci sono dei libri <<che la storia e la tradizione lessero per noi e che non abbiamo avuto il tempo o l'opportunità di leggere in persona »; ed allora Machiavelli o Lazzarillo di Tormes nel fondo della sciara e Vico accanto al~o stellato non ci stupiranno più. Cultura del Verga, quindi, e sia pur non tanto di libri letti, ma fatta di realtà ripensata e maturata. Comunque tutto ciò non basta: sì, <<il verismo del Verga è... la prosecuzione e maturazione estrema di istanze proprie del nostro romanticismo, con la realtà quotidiana al posto della realtà storica, con i <<vinti » al posto degli <<umili », con la necessità o il Fato al posto della Bibloteca Gino Bianco Provvidenza manzoniana » (Bocelli, Ver- • ghiana in Il Mondo del 17 maggio 1952), ma è anche altro. La carica rivoluzionaria dell'arte verghiana rischia di venire di molto diluita in queste prospettive unitarie; nella ricerca dei padri, cioè, si rischia di sminuire l'originalità del figlio, o quel chè è peggio, si dimentica che le due categorie del giudizio storico, continuità e individualità, sono complementari. Qualcuno, invero, si è occupato del Verga in questo senso auspicato, ma per lo più - ed escludiamo il Sapegno, ovviamente - su un piano inaccettabile o insufficiente. Ora, se per gli scopritori di messaggi sociali può considerarsi definitiva la messa a punto del Russo nel citato articolo su Bel/ agor (laddove egli mette in guardia il lettore contro tali scoperte, <<non solo per rispetto a Verga, che in ogni tempo aveva respinte coteste interpretazioni allotrie dell'opera sua, ma perchè non ci si può mai fondare sul contenuto d'un' opera d'arte per qualificare l'idealità politica di uno scrittore. Se facciamo tale confusione, allora, siccome Shakespeare ha rappresentato mirabilmente Jago, dovremmo concludere che egli era il poeta dei mascalzoni e che la delinquenza gli era congeniale »), non saremo noi a dimenticare certe figure fondamentali per la comprensione della lotta politica nel Mezzogiorno che si incontrano nelle pagine dello scrittore catanese: dai Galantuomini (<<sanno scrivere - qui sta il guaio ») alla borghesia di Mastro don Gesualdo ( <<Dividete le terre, fra voi tre... senza liti, senza puntigli, senza farvi la guerra a vantaggio altrui ... A vantaggio di chi, poi? del Comune! Vuol dire di nessuno! »), al lettighiere

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