<<anche un altro fattore: i rapporti e le condizioni di lavoro nelle fabbriche e ·nelle campagne, e i loro congiunti problemi economièi e politici, si presentarono allora al primo piano della vita nazionale >>. Anche esso motivo del tutto letterario, com'è chiaro. Ma per la seconda stagione del Verga, la nostra, la problematica critica del Trombatore si arricchisce in modo decisivo: <<Per effetto della seconda guerra, che ha riprodotto, accentuandole, le medesime condizioni che si erano presentate in seguito alla prima, la popolarità di questo scrittore è cresciuta », ecc. Riconosciamo che ci sentiamo assalire dal tefrore al pensiero che possa sorgere una terza stagione del Verga. Tentativi che nuocciono alla causa che vorrebbero patrocinare e che rendono pienamente adattabile a questo caso quanto ebbe a dire il curatore della presente edizione, non certo uomo ·di <<destra », a proposito di un saggio di A. Seroni su . Nedda, in cui pur non comparivano asserzioni così vistose, ma che al Russo sembrava da respingere « non perchè si abbia paura del marxismo nella critica letteraria, ma perchè questo marxismo in letteratura è finora una semplice prosunzione, è una nebbia, un miraggio, non una realtà (<<Pretesti marxistici su una novella del Verga>>, in Belfagor, marzo 1951). Ma se il negativo adempie una sua funzione, è di concretare l'errore e renderlo evitabile. L'insegnamento che viene pertanto da queste ambizioni sbagliate è un invito a pérseverare nella classica problematica che ha sin qui occupato le menti dei critici - e che poi fa tutt'uno con quella sull'attualità del Verga: il perchè di un successo è innanzi tutto nella comprensione del soggetto di Bibloteca Gino Bianco esso - a proposito dell'arte verghiana: il rapporto fra il primo e il secondo Verga, l'autore di Storia di una capi.nera e quello dei M alavogli·a; e poi ancora il rapporto fra le sue opere della maturità e la nostra tradizione letteraria. E allora si osservi come si vada per aspera, se ancora recentemente G. Debenedetti in un saggio sulla giovanile P eccatrr:ce ( <<Presagi del Verga», in Nuovi argomenti, novembre-dicembre 1954), pur con penetranti notazioni - accanto ai romanzi del F euillet e del Dumas figlio, egli mostra i libretti d'opera come fonte di ispirazione - in realtà non va molto al di là del Croce e del Russo; e non riesce ad allargare di tanto la prospettiva in modo da giustificare integralmente il piuttosto misterioso passaggio dalle E ve e dalle tigri reali ai pescatori di Aci Trezza. ' E manca una risposta esauriente anche per l'altro interrogativo, nonostante il notevole livello a cui oramai ci si è innalzati. Chè i critici banditori del Verga, durante un lavoro ..trentennale, si son preoccupati di mettere in 1 uce soprattutto la continuità fra l'arte verghiana e la tradizione, insistendo in special modo sul rapporto Manzoni-Verga: ancora in questa edizione del Ricciardi, il Russo, commentando i due romanzi, si dà a notazioni calzanti sull'analogia di certe situazioni con quelle del <<gran romanzo » della letteratura italiana. E si pensi a quanto ancora è stato fatto per sbandire la leggenda di uri Verga <<illetterato >>.Si capisce, nessun critico è venuto ad esibirci una prova irre- • futabile secondo la quale il Verga, poniamo, avesse letto Machiavelli o Vico. Se mai, è molto più facile documentare il contrario. Eppure non è più lecito oggi
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