Nord e Sud - anno II - n. 9 - agosto 1955

Camminammo poi lungo il fiume, incontrammo I. che tornava a grandi passi con la testa bassa, i baffi foltissimi e le mani incrociate dietro la schiena, e poichè faceva freddo decidemmo di rientrare. Nella stanza, invece, il termosifone bolliva, si sentiva la vernice fresca delle pareti e aprimmo il balcone. Fu come fosse stata_aperta improvvisamente una lunga fila di docce. Il rumore fragoroso del fiume entrò subito nella stanza, un rumore continuo e assordante, rinforzato quasi teatralmente dallo sferragliare e dal fischio del treno che a frequenti intervalli passava sul ponte di ferro, c:he attraversa 'il fiume, proprio sotto all'albergo. Il piano del fiume, poi, si rompe lateralmente per un lungo tratto e forma una piccola e gorgogliante cascata, che si riversa sull'argine opposto, pieno di sassi e di arbusti. Col balcone aperto, in quel rumore di acque, mi distesi sul letto e aprii 11 giornale. G. C., appoggiato al muro con la testa sul braccio, guardava il fiume e lo vedevo come avvolto in quel rumore e nella nebbia che, a grandi respiri, incominciava ad entrare nella stanza. In quel fruscìo continuo mi pareva di esistere solo per le cose a cui sono più legato, pochissime cose, pochissimi oggetti, pochissime parole, senza altri ingombri, senza attriti, senza disperazione. Aprii voluttuosamente il giornale, spostando pigramente gli occhi dall'una all'altra notizia, e nella quinta pagina, ad un tratto, lessi che in una clinica di New York era morto il poeta inglese Djlan Thomas. Rimasi a guardare quella colonna di piombo per lungo tempo, senza spostarmi, fui preso da un'inquietudine ancora vaga, imprecisa, e con raccapriccio pensai che un poeta può morire· proprio quando ha riconosciuto un luogo dal quale non vorrebbe più muoversi, nel momento in cui ha scoperto che ci può essere una tregua. Chiamai G. C. e gli detti la notizia con qualche particolare. - Mi dispiace - aggiunsi. - I poeti non si debbono ubriacare - mi rispose. - Non debbono finire alcolizzati a quarant'anni, o anche prima. È. una storia che non va più. Mi guardò e aggiunse: - I poeti devono essere svegli e lucidi, nè più 11è meno come gli altri, persone normali e laboriose. Svegli come un ministro o un dirigente di azienda. Anzi di più. - Non so - dissi a mia volta. - Mi piaceva questo Djlan Thomas. Essere lucidi p\IÒ significare tante cose. La poesia inglese è così ricca di i1nmagini, anche troppo. Si direbbe che quei poeti godano di uha libertà Bibloteca Gino Bianco

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