Nord e Sud - anno II - n. 9 - agosto 1955

tura la risorgente necessità di otto voti al Parlamento finiscano per giuocare - come già troppe volte è successo _ a varitaggio delle imperiture f ortune dell' A rnministrazione Lauro. QUI SI PARLA DELLA « ITALIETTA » formatasi nello « spirito della rivoluzione borghese e liberale », che ha il torto di « rimanere nelle vecchie rotaie », senza accorgersi che « la forza e il prestigio dello Stato conteranno da ora in poi assai più degli immortali principi », malgrado che « invano Benedetto Croce si sforzi di chiamare » questo sistema « antiquato· e feudale », mentre « è invece tutto moderno e non è che la prima reazione antirivoluzionaria e antiliberale ». Il rece1isore che stiamo citando è perentorio nel suo giudizio contro la Storia d'Italia del Croce: « ••• bisogna innanzi tutto dire che in quella Italia paga del già fatto e del già compiuto, estranea alle contese e agli appetiti del mondo, in quella decadente Italia, egli (Crispi) rappresenta l'uomo del Risorgimento che sente e vuole e impone la ripresa eroica del Risorgimento per l'adempimento di una funzione, sì di una missione (la missione non cara al Croce) italiana nel mondo. Qual'è questa missione? Non la scienza, non la civiltà, non la pace, non la liberazione degli oppressi, non tutte queste cose, ma il ritorno degli Italiani nelle vie di Roma, ma la potenza italiana dalle Alpi al Sahara. Era follia? Tutto fa credere di no. Era rigorosa obbedienza alla voce dell'interesse nazionale, in totale armonia con lo spirito dominante in Europa. Quando Croce potesse dimostrare che Crispi ha fallito tutti gli scopi in sette anni del suo governo, o ha sempre errato, non avrebbe nulla dimostrato: egli rimarrebbe un mei,. diocre storico e Crispi un grande poli·tico ... Poi venne il Nazionalismo, le due guerre e il Fascismo a far vendetta dei due eroi della vigilia: in odio ad essi, in odio al Nazionalismo ed al Fascismo, Croce si unisce alla facile critica, cosiddetta documentaria, contro Crispi ». Il nostro recensore conclude: « Volendo deliberatamente rifuggire dalle parole grosse possiamo però dire che questa non è storia: è la narrazione, al più, di una grossa o grama vicenda culturale e l'esame delle sue ripercussioni vicine e lontane. Manca in questa storia il protagonista che è pur messo nel titolo: l'Italia. Lì manca la Nazione co' suoi trapassi e i suoi modi, la sua nuova ricchezza e il suo nuovo ordine, i suoi impulsi e i suoi moti. È una storia pei conversari dei salotti borghesi ove le vicende e le polemiche crociane e anticrociane abbiano ancora un significato e una ripercussione ». Non stupisca questa conclusione tratta da chi, nello stesso testo, afferma solennemente che « la virtù nazionale per eccellenza è tutta nell'uso delle armi »; e che « le politiche forti, come ad esempio l'attuale (lo scritto da cui stiamo citando è del 1929), per essere di tono tanto più alto e più elevato di quelle di ordinaria amministrazione, possono naturalmente condurre, in casi [105] Bibloteca Gino Bianco (

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