il maturarsi di migliori e favorevoli condizioni di lavoro; e preparar~i, intanto, adeguatamente, a fronteggiare le concorrenti migrazioni di altri paesi attraverso le misure più idonee di selezione qualitativa. Tra questa la più importante è senza dubbio quella che riguarda le modalità di arruolamento dei lavoratori: si cominci con l'allontanare le associazioni e gli enti non statali, troppo spesso esclusivamente preoccupati degli interessi elettoralistici di taluni partiti. Da questa energica azione antiparassitaria trarrà vantaggio soprattutto il lavoratore meridionale, finora escluso dal circuito monopolistico che, a suo danno, -opera nel Nord, sotto lo sguardo i,ncomprensibilmente tollerante delle autorità. G. M. Dopo l'alluvione Recenti polemiche di stampa - e da destra, e da sinistra - ci hanno indotto a un sopraluogo nelle zone del salernitano devastate dal nubifragio dello scorso at1tunno. Quel che nel colmo della notte sul 26 ottobre era accaduto a poco più di cinquanta chilometri dalla citta, a Napoli lo si ignorava ancora la successiva mattina. Un nubifragio di eccezionale violenza aveva investito il litorale tirrenico della provincia di Salerno, da Pontecagnano a Minori. La pioggia, che aveva cominciato a cadere a mezzo pomeriggio,, s'era andata via via infittendo, fino a divenire diluvio. E così si sgretolarono le montagne, e con le acque ingrossate dei torrenti, divenuti fiumi, calarono a valle alberi, pietre, sterpi, ~adici e tutto un gorgo di fango. Gli abitati situati a valle o lung,o i letti normalmente esigui dei torrenti furono investiti in pieno. Crollarono case ed opifici, furono divelti argini e ponti, franarono strade rotabili e ferrate, furono interrotte le comunicazioni, travolti gli acquedotti, interrite le fognature, piuttosto primitive, della zona. Solo nelle prime ore del po1neriggio del 26 cominciarono a giungere a Napoli le prime notizie del disastro; ma dovettero passare dei giorni prima che il quadro si delineasse in tutta la sua eccezionale gravità. Il nubifragio, che aveva interessato un'area di .180 kmq., con ben ventisette centri abitati, aveva ucciso oltre trecento persone, distrutto trecentottantacinque abitazioni, danneggiate millecentoéinquantatrè, rese inabitabili seicentotrentasette. Soffermarsi sulle cause di disastri siffatti non giova. È vero che alluvioni e nubifragi si sono sempre verificati, sia pure a distanza di anni, nella zona; ma la stessa conformazione del suolo con le montagne a picco sul mare, che fan·no ostacolo ai venti umidi del Sud, i torrenti incassati e precipiti, la natura geologica delle alture ed il tipo di coltivazione delle pendici, l'ubica- [55] Bibloteca Gino Bianco
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