mentre agevolano il compito della polizia, costituendo nel loro insieme un termometro dei reati contro il patrimonio nella provincia di Napoli, valgono nel caso nostro ad offrirci una base solida per dare una risposta, l'unica possibile risposta, quella documentata dai fatti, a coloro che giudicano Napoli e la sua « onestà » senza attingere all'osservazione quotidiana, ma fondandosi st1 impressioni parziali o di seconda mano. · Ecco dunque le conclusioni cui è giunto l'ufficio studi della Questura, sulla scorta dei dati relativi a tutto il 1954 e in ba5e alle indagini condotte nei singoli quartieri della città e nei diversi settori della malavita. 1) A Napoli i delitti contro il patrimonio (tra i quali va compresa l'intera gamma <lei furti, delle truffe, delle rapine, ecc.), sono numericamente inferiori alla media nazionale: in tutta la provincia, che conta 2 milioni e 214 mila abitanti, sono stati commessi nel 1954 seimila reati di tal genere, {:On una percentuale del 0.29 per cento (29 furti, truffe o rapine per ogni 10 mila abitanti in un anno); in tutt'Italia, i 47 milioni 213 mila abitanti dell'ultimo censimento hanno subìto nel 1953 (i dati nazionali del 19.54 non sono ancora reperibili) 166 mila delitti contro il patrimonio, con la percen- . tuale del 0.39 per \cento, con un 0.10 in più rispetto alla percentuale cc napoletana» (39 delitti contro il patrimonio per ogni 10 mila abitanti in un anno, invece di 29, sempre per ogni IO mila). 11 confronto è fatto con la « media n nazionale e non con i dati delle altre grandi città, ma è chiaro che sono proprio queste ad avere una notevole incidenza sulla media dei piccoli centri e delle regioni agricole. Non crediamo quindi di aver posto Napoli su un piano di vantaggio usando quel dato nazionale come secondo termine di paragone. 2) A Napoli, l'entità economica dei delitti contro il patrimonio (il « valore medio del danno ») è relativamente mite, essendo calcolabile in 5060 mila lire per ciascun furto, rapina o truffa. A Milano, per fare un esempio, il danno medio è di 500 mila lire. Questa differenza, che ha 1a sua importanza ai fini di una valutazione obiettiva del fenomeno della delinque11za, trova la sua spiegazione in un aspetto tipico e forse esclusivo della malavita ,napoletana: essa ha carattere « individuale », ignora le organizzazioni specializzate nei vari settori delle attività a danno del prossimo, si svolge a un livello « artigiano », per così dire, se vogliamo chiamare « industriale » il sistema di lavoro e il tipo di organizzazione dei fuo;rilegge delle grandi città del mondo. Il ladro napoletano preferisce fare un magro bottino, ma tenerselo per sè, garantendo così la sua indipendenza e la possibilità di rivali~ care il confine che 1o separa dalla gente onesta. Poichè solo in rari casi, fra i ladri napoletani, il rubare è una malattia cronica; spesso è cronica soltanto la necessità di rubare. Nessun dato documenta questa impressione, ma essa è condivisa dagli ufficiali di polizia più qualificati, i quali hanno constatato ·. . [45] Bibloteca Gino Bianco
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