Non v'era, nella maggior parte dei casi, la coscienza di una coincidenza d'interessi fra questa piccola borghesia e il mondo contadino; ma, come si è detto, v'era soltanto un insieme d'astuzie di piccoli machiavelli da paese: dell'esercente che vende a credito tutto l'anno per riscuotere a~- 1' epoca del raccolto, non senza aver esercitato una discreta usura, all' esattore che ha bisogno di stare in buoni rapporti con tt1tte le amministrazioni comunali. La prima fase della politica comunista si era conclusa con l'emanazione dei provvedimenti legislativi che favorivano la nascita delle cooperative per la concessione delle terre incolte. Caratteristica essenziale di queste cooperative era però che esse limitavano il loro impegno associativo soltanto all'attività agitatoria: ottenuta l'assegnazione delle terre, in massim~ parte attraverso il riconoscimento dello stato di fatto delle occupazioni, si procedeva alla ,lottizzazione fra i membri, limitandosi 1a coo-- perativa a fungere da tramite tra lavoratori e proprietari, sostituendosi così alla speculazione dei grossi fittavoli borghesi. Non ponendosi mai il problema di iniziare per mezzo di tali cooperative esperimenti di coltivazione collettiva, con l'organizzazione di medie e grosse aziende a base associativa, sull'esempio romagnolo, si perseguivano soluzioni decisamente antieconomiche, di polverizzazione della minima unità culturale, in applicazione del principio << tante quote quante teste >>; si rimaneva cioè nella spirale di miseria del latifondo contadino. Mancò, a chi guidava, e in condizioni di monopolio politico, il movimento contadino, il coraggio di fargli affrontare uno stadio superiore di esperienza sociale? O invece, più che una mancanza di coraggio e di visione politica, non v'era che un lucido calcolo di tener desta la carica rivoluzionaria, alimentata da una situazione d'instabilità, al di là delle assegnazioni di terra ? Mentre quella carica, nelle diverse condizioni determinabili da una seria esperienza cooperativistica, avrebbe invece rischiato di spegnersi, selezionandonuovi organismi sociali di più ampio respiro democratico. Si giunse così alla riforma fondiaria mediante l'emanazione della legge Sila. Venne istituito un Ente dotato di poteri e strumenti eccezionali, giustificati dalla straordinarietà della situazione: l'Opera per la Valorizzazione della Sila. Ma, l'ambiente in cui l'Ente di riforma veniva a inserirsi, gli era in complesso ostile. Da un lato v'era un ampio movimento sostanzialmente sindacale nelBibloteca Gino Bianco
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