Nord e Sud - anno II - n. 6 - maggio 1955

• fondiaria, che vi ha operato 1'800/4degli espropri e di lì ha preso le mosse per estendersi al territorio nazionale. Ma, per valutare i nuovi aspetti della situazione politica di quella zona, bisognerà premettere una breve storia degli eventi che hanno turbato in questo dopoguerra quel mondo contadino, e dei quali la realtà attuale è diretta conseguenza. Nel dopoguerra la società contadina meridionale, ed ancor più quella calabrese, ha avuto uno di quei moti che sono consueti nella sua storia, e che derivano dalla secolare aspirazione al possesso della terra. Questa volta, però, ci si trovava anche in presenza di una crisi dell'autorità dello Stato, di proporzioni tali da non aver riscontro a memoria d'uomo, accompagnata da una eccezionale rarefazione dei beni materiali. Ciò nel quadro di una più diffusa conoscenza, da parte delle generazioni rientrate dalla guerra, di un mondo diverso. Infine, era cresciuto il discredito della classe politica locale, che, avendo esercitato il potere come mandataria del regime fascista, appariva moralmente coinvolta nel crollo di questo. In tale situazione, l'intervento attivo di un partito deciso a promuovere dalla jacquerie alla lotta di classe i moti contadini, andava incanalando e strumentalizzando le ancora indefinite aspirazioni popolari. Se d'altro canto una parte della piccola borghesia rurale riconosceva in questo intervento del P.C. anche una possibilità di rinnovamento, la parte più spregiudicata di essa sentiva il richiamo di ben altre suggestioni. Suggestioni che andavano dalla necessità di mantenere buoni rapporti con chi avrebbe potuto esercitare il potere locaJe, alla speranza di poter trarre qualche beneficio economico dalla promozione di altri ceti a forme più moderne di vita civile e politica. Non a caso le molte cooperative che si vanno ora sciogliendo, per i mutamenti intervenuti nel quadro legislativo che ne aveva sollecitato 'la nascita, si trascinano dietro numerose vertenze giudiziarie; al centro delle quali stanno accuse di malversazioni, rivolte ai piccolissimi borghesi che le hanno dirette, e che adesso, intuita la pericolosità di un gioco tirato troppo a lungo, sono scesi , dalla barca, magari diventando gli attivisti stipe11diati, in una forma o nell'altra, di questa o di quella organizzazione del partito di maggioranza. Il dato nuovo di questi moti, era quindi la partecipazione ad essi della piccolissima borghesia rurale, che vi si poneva come dirigenza, dopo la rottura del tradizionale schema prefascista, nel quale fungeva da trait d'union tra il barone e i contadini attraverso l'avvocato. [66] Bibloteca Gino Bianco

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