Nord e Sud - anno II - n. 6 - maggio 1955

miseria cittadina. Ma una politica di sviluppo economico implica l'intervento su ambedue i termini del rapporto città-campagna. E qui le idee dei politici, degli economisti, dei tecnici si fanno assai poco chiare, come è stato già notato da questa rivista (Nord e Sud, a. II, n. 3, pagg. 35-39). Taranto, se messa i:n rapporto con la bonifica del Metapontino, può suggerire appunto utili considerazioni e offrire proficuo campo di studi per il problema di una politica d'intervento sul rapporto città-campagna nell'Italia meridionale. Sullo sfondo di questa insufficiente impostazione della politica meridionalistica è cr-edibile l'episodio che si narra di un Presidente del Consiglio, il quale, richiesto quanti abitanti pensasse che avesse Taranto, rispose, sorridendo: «Sessantamila». Un piccolo centro, dunque, di nessuna importanza particolare nel budello sovraccarico della nostra penisola. A chi si lasci invece alle spalle la parte vecchia della città, si apre dinanzi, al di là del ponte girevole una città di oltre 150.000 abitanti, in continua espansione edilizia e in continuo incremento demografico. Taranto è difatti la città che ha registrato negli ultimi anni i più alti indici di natalità. Il suo sviluppo ha segnato una curva sorprendente, passando dai .17.476 abitanti del 31 dicembre 1844 ai 182.348 del 1 gennaio 1955. Ma oggi Taranto sopporta il peso di circa 20.000 disoccupati, una percentuale cioè del .10% rispetto alla popolazione: altissima, se si considera la media nazionale. Quasi tutti gli abitanti della zona dei tuguri in età di lavoro non hanno un'occupazione fissa e vivono alla giornata. L'incremento demografico di Taranto fa eccezione alla definizione che è stata data dal Rodanò per le città meridionali, luoghi residenziali della classe agiata. È un fenomeno questo che ha inciso in minima parte sulla vita di Taranto, il cui reddito, anzichè provenire dalle campagne, è venuto da una fonte diversa: e precisamente dagli investimenti statali nelle opere della Marina Militare. Si è formata così una media borghesia dei pubblici impieghi o dedita al commercio (alimentato dal considerevole numero di ufficiali e marinai presenti nella città) e una classe operaia pur essa al servizio dello Stato per il lavoro compiuto alle dipendenze della _Marina. La quale è stata pertanto la leva principale, ma artificiosa, dello sviluppo di Taranto nuova, che è andata crescendo intorno ad essa, a partire dall'inizio di questo secolo, ma soprattutto quando Mussolini veniva proclamando da un capo all'altro dell'Italia che il Mediterraneo era un lago il cui pattugliamento era compito esclusivo delle nostre navi. Poi, la « base» navale per antonomasia rimase, sì, la «base»; ma con le navi al lumicino e tutto il resto, che intorno alle navi viveva e prosperava, apbandonato in stato di agonia. In particolari condizioni di precarietà giacciono oggi le industrie che . lavorano direttamente o indirettamente per la Marina Militare. I Cantieri navali di Taranto, già Cantieri Franco Tosi, un tempo specializzati nella costruzione di sommergibili anche per conto_di potenze straniere, h_anno visto, [59] - Bibloteca Gino Biancò

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